CA TECHNOLOGIES E LA SFIDA DEL CLOUD


Russ Artzt, co-fondatore e vice chairman della società, ci spiega come la big del software è pronta ad affrontare il cambiamento in atto

 

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Cloud computing, una promessa per il futuro o una realtà? Russ Artzt, co-fondatore e vice chairman di CA Technologies (www.ca.com/it), intervenuto all’ultima edizione milanese di CA Expo, non ha dubbi: le aziende stanno già oggi utilizzando e usufruendo di tecnologie Cloud, il tutto non avviene magari in modo strutturato e non incide in una trasformazione complessiva del data center, ma il fenomeno sta espandendosi a macchia d’olio. Ed è un fenomeno che viene alimentato dalle più diverse esigenze. Da una parte l’utenza business, che trova risposte più adeguate all’esterno dell’organizzazione, per esempio per soddisfare richieste in ambito Crm, basti pensare al successo di Salesforce.com, le cui soluzioni sono peraltro utilizzate anche all’interno di CA Technologies; dall’altra esigenze di scalabilità del data center, come nel caso della sempre più ampia necessità di analizzare grandi volumi di dati. Pressioni che, nell’uno e nell’altro caso, sollecitano risposte diverse dal passato e contribuiscono a determinare un’accelerazione nelle dinamiche evolutive del Software-as-a-Service e un più efficace e intensivo utilizzo del data center.

«Gran parte dei sistemi informativi aziendali – osserva Artzt – fanno riferimento ad architetture ampiamente virtualizzate, condizione che costituisce la premessa a una realizzazione di un ambiente Cloud. La nuova logica di strutturazione del data center attorno alle regole del Cloud computing è la sfida con cui si confronta l’intera industria dell’ICT. Non ci si interroga più sulla fattibilità dell’evento, ma sulla capacità di riconoscerne i vantaggi e coglierne le opportunità declinando l’implementazione dei requisiti in base a una politica di servizio».

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CA Technologies è perfettamente consapevole della necessità del Cloud, «ed è questo il motivo – spiega Artzt – per cui negli ultimi anni abbiamo speso più di un miliardo di dollari in acquisizioni mirate a ricercare le tecnologie più adatte nel rispondere alle esigenze degli utenti. Le acquisizioni di 3Tera, Nimsoft, Cassatt, Oblicore – prosegue Artzt – hanno consentito di accelerare la strategia Cloud e rendono oggi fattibile un percorso verso il nuovo paradigma on-demand di fruizione dei servizi. La nostra missione è traslare il valore dell’esperienza enterprise – conseguita con successo nei decenni passati sia in ambiente mainframe sia in ambiente distribuito – in una dimensione Cloud, ovvero nella prospettiva elaborativa che condiziona in misura sempre più forte l’evoluzione delle organizzazioni IT».

 

All’altezza della sfida

«Il percorso di migrazione – aggiunge Artzt – è già iniziato e CA Technologies ha creato le premesse per diventare una società leader nella fornitura di tutti quei prodotti, servizi e soluzioni che sono fondamentali per gestire ambienti improntati al nuovo paradigma. La sfida è più interessante che mai e la viviamo con lo stesso entusiasmo con cui nel passato siamo stati protagonisti del passaggio dal mainframe all’ambiente distribuito. Siamo riusciti allora a essere all’altezza della sfida e ci riusciremo anche oggi. Nell’informatica, nulla si crea, nulla si distrugge, il mainframe esiste ancora oggi e l’esperienza di una società come CA Technologies è consentire di muoversi su un percorso di innovazione preservando, laddove possibile, gli investimenti pregressi».

A questo proposito Artzt racconta di Chorus, la soluzione che permette agli amministratori mainframe di lavorare con un’interfaccia utente completamente grafica e semplificata così come avviene in ambiente open. «Su alcuni progetti – prosegue il vice chairman – abbiamo definito delle partnership con alcune università americane proprio per riuscire a mettere in gioco la capacità delle nuove generazioni nel contribuire ad arricchire con nuove idee lo sviluppo del software. La contaminazione con il mondo reale è oggi di assoluta rilevanza ed è fonte di nuove opportunità. Chi avrebbe mai pensato – conclude Artzt – che i social network in stile Facebook sarebbero in qualche modo diventati parte integrante dei servizi professionali? Eppure è quello che sta accadendo».

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