Facebook si scusa, ma non basta

Dopo le accuse di manipolare le emozioni degli utenti, il ricercatore Adam D. I. Kramer risponde dal suo profilo

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Non basterà di certo un post sul social network (manipolato anche questo) per convincere gli iscritti che il progetto di Facebook, con cui analizzare le emozioni delle persone, fosse legittimo. C’ha provato Adam D. I. Kramer, data scientist di Facebook e co-autore assieme a Jamie Guillory e Jeff Hancock della ricerca della Cornell University su come gli utenti reagiscono emotivamente a ciò che leggono su Facebook. “Abbiamo realizzato lo studio perché ci preoccupiamo dell’impatto emotivo di Facebook sulle persone – ha scritto sulla sua bacheca – sentiamo che è importante analizzare le paure comuni e le ragioni che fanno sentire le persone meglio o peggio”.

Non è la prima volta

Eppure già in passato Facebook aveva dovuto fare marcia indietro per un suo comportamento. Era il il 2006 quando Zuckerberg introdusse il news feed per tutti: una lista di post che potevano essere letti dagli amici e visibili alla propria rete. Gli utenti si allarmarono e il CEO dovette scusarsi per aver fatto tutto troppo in fretta. Nel 2007 arrivò Beacon, un servizio che una volta connesso a siti partner come eBay o Fandango, permetteva di pubblicare su Facebook delle azioni riprese dai siti collegati così che gli amici potevano vedere i prodotti acquistati in rete. Ancora una volta scuse a volontà. Come dimenticare i cambiamenti alla gestione della privacy, le app e i giochi invasivi e le paure connesse alla NSA. Insomma nei suoi dieci anni di vita Facebook ne ha combinate delle belle. Il problema è che non basterà più scusarsi perché a pagare siamo sempre noi.

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