Standard cercasi per l’Internet delle Case

Non solo efficienza e risparmio energetico. Il valore di un edificio intelligente dipende dalla capacità di ottimizzare, integrare e comunicare. Condizione necessaria è una rete in perfetta forma. Rendere “smart” i luoghi fisici del lavoro è un fondamentale generatore di business, dati ad alto valore aggiunto e cultura della città digitale

Le applicazioni della domotica e della gestione intelligente degli edifici, commerciali o residenziali che fossero, hanno costituito per lungo tempo un sottoinsieme alquanto chiuso del mercato delle soluzioni ICT. Un ambito in cui, a causa di tecnologie e approcci proprietari, non è stato inizialmente facile – per fornitori di dispositivi, sistemi e servizi – raggiungere sufficienti livelli di massa critica. La tavola rotonda di Data Manager vuole fare il punto sulle implementazioni già in essere, sui progetti in divenire e naturalmente sull’intero versante dell’offerta sia di apparati sia di servizi di progettazione, integrazione e mantenimento/gestione. Agli esperti seduti intorno al tavolo abbiamo chiesto di affrontare il tema delle finalità perseguite attraverso progetti di smart building, delle relazioni che intercorrono tra l’edificio intelligente e gli obiettivi di business o il supporto allo smart working. Ma si è cercato anche di esplorare l’aspetto della governance di questi progetti e, in prospettiva, dell’evoluzione da forme di automazione su scala locale all’intelligenza applicata al “campus” o alla città. Il dialogo ha offerto diversi spunti interessanti anche a proposito del mercato delle soluzioni e dei servizi.

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Le grandi superfici dell’edutainment e della GDO, gli ospedali, gli istituti di ricerca, gli aeroporti e le stazioni rappresentano i gangli vitali della smart city e sono anche le superfici più “smartizzabili”. Qui si concentreranno gli investimenti del futuro. La discussione – ospitata per la prima volta nelle sale dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano – può contare su un intervento d’apertura particolarmente prestigioso: quello del direttore Silvio Garattini, che ha voluto salutare i partecipanti attraverso un messaggio video. «La vostra discussione è importante perché connessa con il tema degli anziani e di tutti i problemi legati a una durata di vita che aumenta in modo non sincrono con la buona qualità della vita» – ha ricordato il ricercatore. Secondo Garattini, occorre introdurre elementi nuovi, e le tecnologie di automazione degli edifici possono concretamente giovare al paziente, indipendentemente dal suo stato di salute o dall’età. Dal direttore dell’Istituto di ricerca, la raccomandazione a manager, CIO, vendor e system integrator di non perdere di vista l’obiettivo di mettere al centro le persone e di non confondere strumenti e fini, mantenendo l’innovazione al servizio della ricerca e della cura dei cittadini sia quando sono utenti di servizi e prodotti – liberi di scegliere – sia quando sono pazienti – e quindi più vulnerabili. «Anche chi non ha particolari problemi, chiede di essere aiutato dalle tecniche, che in parte sono già disponibili» – ha concluso Garattini cedendo virtualmente la parola alla consueta introduzione analitica di IDC Italia, curata questa volta da Daniela Rao, senior research & consulting director.

L’ANIMA SOFTWARE DEGLI OGGETTI

La definizione di smart building e l’intero comparto IoT si sovrappongono – secondo Daniela Rao – ai familiari concetti dell’ICT e dell’elettronica di consumo, includendo tutto ciò che è caratterizzato da una componente meccanica resa smart da uno strato di software. Dalle analisi effettuate da IDC, in modo particolare nell’area asiatica – oggi, la più avanzata – emergono per l’IoT diverse aree applicative che hanno a che fare con la sostenibilità ambientale dentro e fuori l’edificio; la connettività “dal Wi-Fi al UWB”; la gestione dei consumi energetici; il grande tema della sicurezza fisica e logica unito a quello decisamente Big Data, che si sta sviluppando sulla base dei dati generati da sensori e apparati di controllo e da riutilizzare; e la vasta area del building management, dagli impianti infrastrutturali alla segnaletica, anch’essa sempre più digitale. «Aree che peseranno sulle spalle di chi gestisce i sistemi informativi – avverte Daniela Rao – perché rete e sistemi dovranno essere in perfetta forma per trarre pieno vantaggio da questa trasformazione». Questo implica tra l’altro un lavoro sulla ridefinizione del software di rete e dei data center, sulla parte applicativa e sull’intero contesto della smart city, soprattutto se l’automazione investe le abitazioni residenziali e gli spazi pubblici. Tre sono invece i principali driver dello sviluppo di questo segmento. L’analista di IDC Italia cita l’ottimizzazione di consumi e risorse, l’integrazione di dati esterni e interni e la semplificazione della comunicazione e del lavoro di squadra. «Molte delle soluzioni monitorate in Europa e USA partono proprio da quella che un tempo chiamavamo unified communication and collaboration (UC&C) e oggi appartiene alla trasformazione del workplace» – spiega Daniela Rao. Oltre le attuali frontiere dell’energy management, l’analista parla di «smart assets» – citando per esempio il Li-Fi, equivalente ottico del Wi-Fi, capace di far passare la connettività Light-fidelity sfruttando l’impianto di illuminazione; ma anche di smart glass per la sicurezza fisica, i sistemi di riconoscimento e tracciamento delle persone che abitano uno spazio (con tutto il loro impatto sulla privacy), di uno smart environment popolato di indicazioni basate sul digital signage. E gli scenari italiani? «Il settore dello smart building è ancora sostanzialmente in mano ai player del mondo ICT e si compone di una serie di oggetti che non sono tipicamente ICT, per esempio tutta la parte di ventilazione, gli ascensori, i sistemi antincendio, che in qualche modo verranno controllati dai sensori dell’IoT, entrando nella sfera del sistema informativo aziendale».

UN MERCATO DA 200 MILIONI DI EURO

Oggi, tutto questo genera in Italia un mercato per lo smart building che vale oltre i 200 milioni di euro, con qualche ingresso dal mondo dell’elettronica di consumo e della connected car, una nicchia che cresce in modo interessante fino a quasi 400 milioni di euro nel 2019. In conclusione, il mercato vede due dinamiche: la battaglia competitiva tra soggetti tipicamente IT, che vogliono affacciarsi sul fronte dell’analytics, della sicurezza e del controllo accessi, e un’analoga corsa, ma in direzione opposta, tra i protagonisti dei settori dell’impiantistica industriale e della elettronica di consumo interessati, che cercano di guadagnare uno sbocco verso l’IT. Secondo Daniela Rao di IDC Italia, alcuni di questi grandi soggetti restano in attesa perché costruire un business case di successo è complicato, l’integrazione tra oggetti molto diversi tra loro è onerosa e i budget di spesa, sempre molto ridotti, non facilitano certo la convergenza.

L’automazione e l’integrazione delle informazioni hanno gioco più facile quando sono vitali per il funzionamento di una attività scientifica, come spiega Fabio Brighenti, responsabile energy & facilities management dell’Istituto Mario Negri, illustrando le peculiarità del complesso edificio che ospita la tavola rotonda di Data Manager. La nuova sede del centro farmacologico nella periferia nordovest di Milano, contiguo agli edifici del Politecnico sede Bovisa, ha circa dieci anni di vita e ha subito diverse trasformazioni, anche in funzione dei trend che inevitabilmente dominano nel campo della ricerca nel settore. Locali progettati per gestire materiali ad alto rischio come i radioisotopi – spiega Brighenti – diventano obsoleti quando quegli stessi materiali passano di moda nella sperimentazione. «L’edificio si struttura su quattro piani, ma il cuore è il seminterrato che ospita il reparto “animal care”, dove il mancato trattamento di una quantità di parametri vitali e ambientali rischia di compromettere l’attività dei ricercatori, mandando in fumo anni di lavoro». Altri ambienti dell’Istituto hanno a che fare con agenti virali che necessitano di un contenimento a livello di biosicurezza 3 e a questi si aggiungono una centrale di generazione di gas, tre fonti di alimentazione di rete, co-generatori di gas, gruppi elettrogeni. «Vengono in mente pochi esempi di controllo ambientale altrettanto preciso, attualmente basato su un sistema proprietario Siemens (piattaforma Desigo) che integra una architettura molto complessa per il controllo degli accessi e un’allarmistica che prevede funzioni avanzate come il monitoraggio per registrare eventuali malori di scienziati spesso costretti a trascorrere intere notti soli in laboratorio.

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POTENZIALE SANITARIO

Lorenzo Marco Rossi, che al Mario Negri è responsabile della divisione di informatica per la ricerca e comunicazione, professionalmente è in costante dialogo con il suo omologo impegnato sul fronte smart building. Nel corso della tavola rotonda, Rossi sottolinea come l’IoT del suo Istituto sia «molto focalizzata e pur non rappresentando il core business risulta fondamentale per quest’ultimo. Un animale mal curato e in gabbia diventa depresso. E se questo animale viene utilizzato nella sperimentazione di un farmaco antidepressivo, i risultati possono essere falsati». Rossi afferma anche di ritenere prioritario l’aspetto, inserito nell’ordine del giorno della discussione, della relazione tra edifici smart e smart city. «Per i ricercatori del Mario Negri, il rapporto tra laboratorio interno e ambienti clinici esterni è molto importante. Sappiamo che l’IoT è un ingrediente indispensabile di questo gioco di sponda, ma qui sarebbe fondamentale il ruolo di partner che oggi sono sostanzialmente latenti. Tutto il rapporto tra scienza e IoT non è ancora sviluppato come dovrebbe». E il suo collega Brighenti conferma: «In ambito sanitario, mi risulta che le superfici cosiddette “smartizzabili” raggiungono i 140 milioni di metri quadri tra ospedali e case di cura. Gli uffici, al confronto, valgono meno della metà, 60 milioni di metri quadri».

Gli spazi fisici e digitali trattati negli interventi di Fabio Degli Esposti, CIO di SEA Aeroporti di Milano, e di Franco Stivali, responsabile innovazione di Ferrovie dello Stato Italiane sono ancora più prossimi al concetto di smart city. Oggi, aeroporti e stazioni rappresentano un modello, su scala geograficamente circoscritta, di una città dotata di una popolazione residente limitata, ma affollata di esercizi commerciali di vario genere e aperta a ingenti flussi di popolazione in transito, con tutte le esigenze infrastrutturali – illuminazione, condizionamento, trasporti, sorveglianza e sicurezza – che un agglomerato urbano può comportare. «L’intera tematica smart è uno dei nostri principali interessi» – afferma Degli Esposti. «L’aeroporto di Malpensa, anche se i passeggeri non lo percepiscono, è un insieme di 210 edifici e la questione energetica è secondaria rispetto alla sicurezza di quello che viene considerato uno dei punti più sensibili dell’intero territorio nazionale. Building automation per noi significa gestione di una infrastruttura complessa, e anche nel nostro caso è stata adottata la piattaforma Siemens Desigo. Uno dei progetti principali – rileva tuttavia il CIO di SEA Aeroporti di Milano – è in direzione del building information modelling». Disporre di una completa simulazione digitale di tutti gli «strati architettonici e tecnici» di un edificio o di un insieme di edifici – sottolinea Degli Esposti – è la chiave per una gestione e una manutenzione veramente digitale. A proposito di sicurezza e controllo degli accessi, rileva ancora il responsabile IT di Malpensa e Linate, escludendo i volumi di traffico molto aumentati, il cambiamento più significativo riguarda la dematerializzazione dell’intera esperienza di viaggio e la conseguente nascita di una componente “informatica” alle tradizionali problematiche del controllo dei passeggeri, del bagaglio e degli accessi fisici all’aerostazione e alle piste di decollo. «Per questo – dice Degli Esposti – guardiamo all’IoT con grande attenzione per poter riconoscere gli eventi anche in termini di predictive analysis e di facility management avanzato, con ogni singolo elemento mappato digitalmente». Una potente carica di innovazione che include gli aspetti dell’intelligenza artificiale. Chi decide e chi governa in uno spazio tanto complesso? «In sé, l’innovazione non è un dominio esclusivo dell’IT, ma un momento collegiale. A noi informatici, deve restare il controllo della coerenza complessiva delle scelte in materia di Industry 4.0, ma SEA Aeroporti cerca di estendere il più possibile il cambiamento oltre i confini dell’IT anche attraverso la collaborazione con l’università».

EDIFICI MODELLO

Il legame tra smart building e i modelli di building information modeling (BIM) è chiaramente uno dei leitmotiv della conversazione. Sull’argomento ruota anche l’intervento di Franco Stivali, responsabile dell’innovazione di Ferrovie dello Stato Italiane, che esordisce descrivendo il vastissimo patrimonio immobiliare gestito dal Gruppo FS, di cui fanno parte 57 officine e 208 impianti merci e circa 2.200 stazioni. «Questa enorme eredità è legata a un passato ferroviario che richiedeva spazi fisici molto vasti, che oggi si riducono anche per effetto dell’innovazione» – spiega Stivali. «Il primo obiettivo è dunque il riuso degli edifici e degli impianti non più funzionali alle attività ferroviarie, che vengono in parte restituiti alla collettività anche per iniziative di carattere sociale con Enti locali e Associazioni onlus. In parallelo, ciò che rimane deve essere reso più efficiente anche grazie alla tecnologia». Stivali ammette che questo imponente percorso di adeguamento, reso complesso per la scala di grandezza, la distribuzione geografica e vari tipi di vincoli (per esempio, molte stazioni sono sottoposte a vincoli storici e architettonici da parte delle Soprintendenze), non può essere gestito con la stessa rapidità con cui il Gruppo FS Italiane si sta muovendo nella digitalizzazione del core business. «Quello che vogliamo fare nelle stazioni è molto interessante» – spiega Stivali. «Anche FS Italiane utilizza BIM, strumento importantissimo per intervenire sui luoghi in cui, nel corso del tempo, si sono susseguite numerose modificazioni, con uno sforzo di modellazione dei principali edifici, tutti nel cuore delle città». Essere collocati negli snodi del trasporto e della mobilità collettiva urbana – aggiunge il responsabile innovazione di FS Italiane – significa essere infrastrutturati, disporre di tante informazioni, conoscere gli spostamenti di persone e merci, punto per punto. «La stazione ferroviaria è il luogo dove la smart city si rivela in tutte le sue potenzialità. Anche noi siamo un laboratorio in tal senso. In stazione, c’è tutto quello che la città comporta, dalla povertà alla ricchezza. C’è tutta la richiesta in termini di digitalizzazione». Dalla discussione cominciano a emergere diversi spunti inattesi, come il potenziale che un progetto di “smartificazione” di un edificio può comportare in ottica di passaggio ai modelli tipici della trasformazione digitale, a partire da Big Data. Per Fabio Ardossi, associate partner di Data Reply che specificatamente si occupa di analytics – «l’informazione è il core business» – e c’è molto interesse per le articolazioni di questo tema anche per quanto concerne gli edifici intelligenti. «Si parla molto dei problemi, che indubbiamente ci sono» – afferma Ardossi. «Ma vedo anche tantissime opportunità». Davide Bigoni, project manager di Samsung Italia, è pronto a cogliere il rimando al comparto sanitario. Bigoni, che si occupa di progetti di automazione in ambito B2B e B2B2C, rappresenta un “volto” del marchio Samsung poco conosciuto a chi frequenta soprattutto il catalogo dei prodotti consumer. «Le aziende ci vedono piuttosto come facilitatori di progetti trasversali a tutte le aree commerciali di Samsung. Collaborando con diversi attori del settore, Samsung sta creando una molteplicità di soluzioni IoT rivolte all’intero spettro degli utilizzatori finali. Per esempio, stiamo cercando di entrare in ambito sanitario, in particolare seguendo l’aspetto della esternalizzazione del paziente, soprattutto l’anziano. Perché, ci siamo chiesti, non sfruttare il monitoraggio remoto degli elettrodomestici e del loro normale ciclo di impiego per capire, attraverso le anomalie, se c’è qualcosa che non va?».

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INTEROPERABILITÀ END-TO-END

Tra le problematiche individuate da Fabio Ardossi di Data Reply, c’è soprattutto la difficoltà di far dialogare sistemi e protocolli non direttamente interoperabili, in un contesto dove si presume che la sorveglianza debba essere estesa a diversi ambienti dotati di funzionalità di domotica diverse. Ma come si superano ostacoli di questa natura? «Samsung adotta un approccio diverso» – spiega Bigoni. «Invece di partire dal singolo device e dal suo specifico protocollo, cerchiamo di mettere a disposizione degli sviluppatori un kit di sviluppo. Il dialogo a questo punto è reso possibile, per definizione, dallo sviluppatore o integratore che propone un servizio end-to-end». Come dire che anche per lo smart building gli standard emergeranno dagli sviluppatori che si adegueranno all’offerta di software di base, e come è di fatto accaduto nel mercato informatico con le applicazioni compatibili con i diversi sistemi operativi. L’esempio fatto da Bigoni di Samsung – di un ambiente domestico smart che genera, senza alcun intervento esterno, informazioni capaci di fornire un quadro immediato dello stato di salute di chi abita in quell’ambiente – sembra essere perfettamente in linea con le considerazioni elaborate, nel suo saluto inaugurale, da Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri. Alessandro Nobili, medico che nello stesso Istituto è responsabile del laboratorio che studia i problemi dell’invecchiamento, interviene affermando che uno dei temi più interessanti riguarda proprio l’utilizzo di dispositivi digitali e sensori come fonte di dati o di ausilio per la persona anziana o ammalata. «Allungare la vita senza incrementarne la qualità – afferma Nobili – è un pessimo servizio fatto all’intera società. Perché non mettere un dispositivo come la tv interattiva a disposizione di un medico o di un fisioterapista per effettuare interventi a distanza attraverso interfacce di comando di videogiochi come Nintendo Wii? O per raccogliere automaticamente dati da utilizzare negli studi clinici di nuovi farmaci?

INTELLIGENZA NELL’ENERGIA

Con l’intervento di Alfio Fontana, energy manager di Carrefour Italia, il discorso rientra su binari più convenzionali, ma non privi di stimoli interessanti sul piano delle relazioni tra automazione e marketing. «Il bisogno di integrazione per il nostro Gruppo è molto forte» – spiega Fontana. Carrefour esercita una catena commerciale multisito con oltre mille punti vendita multiformato, in un settore, la GDO, particolarmente energivoro. Noi consumiamo 450 milioni di kWh all’anno per una spesa energetica pari a 50 milioni di euro, anche un piccolo margine di risparmio può essere molto significativo e aiuta il business». La centralizzazione delle informazioni sui consumi di tutta la filiera su un unico dashboard ha permesso di storicizzare i dati su cui vengono poi applicati meccanismi di machine learning per fare previsioni e prendere decisioni. «Per noi significa pianificare budget energetici più precisi, individuare i negozi da efficientare e intervenire in modo puntuale sulle anomalie». Una evoluzione possibile di queste soluzioni consiste, per esempio, nel dotare i singoli direttori dei punti vendita di app capaci di rendere accessibili informazioni che prima erano dominio esclusivo dell’energy manager, informazioni che servono a prendere decisioni a livello locale. «C’è poi – aggiunge Fontana – il mondo dell’attuazione. Possiamo rendere l’edificio smart per ottimizzare i consumi; per implementare un piano luci, rendendo più confortevole l’esperienza d’acquisto dei clienti attraverso percorsi guidati; per pilotare i sistemi di condizionamento attraverso sensori distribuiti nei negozi, e per rilevare parametri come la qualità dell’aria. Tutte “cose” che possono impattare molto sul business». A questo livello – conclude Fontana – un progetto di IoT può diventare molto complesso dal punto di vista della system integration. Carrefour utilizza sistemi di gestione della building automation di tre vendor diversi, dispositivi come i banchi frigo e i sensori ambientali non utilizzano gli stessi protocolli. Ma risolvendo questi problemi, Fontana prevede un futuro in cui i centri commerciali saranno il fulcro di nuove “energy community”.

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UN LAVORO FUORI LUOGO

La prospettiva cambia nuovamente con Carlo Romagnoli, IT director di CRIF, lo specialista in sistemi di informazioni creditizie (SIC), business information, servizi di outsourcing e processing e soluzioni per il credito. Romagnoli mette in evidenza un punto finora non esplicitato: il problema dell’automazione delle facility è anche legato al costante cambiamento evolutivo delle strutture fisiche aziendali. «Che cosa vuol dire building? L’ufficio, il data center? Per me il problema è la dematerializzazione che investe gli stessi edifici in base al lavoro che muta profondamente, alle persone esterne che pur non “lavorando” in una struttura la utilizzano come facility temporanea per utilizzarne i servizi». Ma anche la natura di questi servizi si trasforma, osserva Romagnoli, nel caso di CRIF con uffici che diventano suite di sale per videoconferenza. «L’edificio deve essere abilitante nei confronti del lavoro che cambia» – afferma Romagnoli, che ritiene adeguati alle proprie esigenze gli attuali sistemi di gestione. «Non mi pare che soffrano davanti a certe evoluzioni e poi è naturale che i vari operatori facciano leva sull’effetto lock-in. L’ultima generazione di BMS adotta il protocollo IP, ma nessuno riesce a dialogare con sistemi di altre marche. Mi consolo sapendo che almeno posso utilizzare cablature di tipo standard». Anche Romagnoli concorda sul forte potenziale dell’IoT ai fini della gestione integrata e del valore delle informazioni in chiave big data, ma non nega la sua preoccupazione in materia di sicurezza delle future strutture – intelligenti quanto si vuole – ma aperte «come un colabrodo». Soprattutto alla luce di normative come la GDPR. Tra progettazione ex novo e adattamento di edifici storici, Filippo Costa, ICT corporate advisor di Costa Edutainment, società che gestisce l’Acquario di Genova, copre nel suo intervento l’intero spettro di esperienze. «Quando è nato l’Acquario era già il più avanzato in Europa» – osserva Costa. «Del resto, parliamo di consumi energetici molto particolari, compreso il gruppo di refrigerazione che mantiene intorno ai due gradi la temperatura della vasca dei pinguini. La buona partenza ha permesso nel tempo di prendere decisioni efficaci come un canale di approvvigionamento dell’acqua che sostituisce opzioni più costose (tipicamente, il trasporto con barche di acque raccolte lontano da Genova), ma necessita di un monitoraggio costante del sistema di pompaggio». L’intelligenza dell’edificio e le informazioni disponibili sui bus SKADA permettono forme di manutenzione preventiva e altri esempi di efficientamento.

DALLO SMART BUILDING ALLA SMART CITY

Per Costa, l’automazione di una struttura abbraccia ambiti legati al marketing e a una buona relazione con il sistema urbano complessivo. L’Acquario, per esempio, deve garantire accessibilità e parcheggi nonostante la posizione centralissima. «Offrire ai visitatori una buona connessione Wi-Fi che si traduce in un incremento dei messaggi social e maggiore visibilità. Un sistema di bigliettazione integrato con flussi informativi – come quelli relativi al meteo o al traffico – ci consente di costruire schemi di comportamento, che a loro volta ci aiutano a pianificare i flussi. Non solo. Se potessimo dialogare in modo smart con la città digitale, saremmo in grado anche di ridurre le congestioni e agevolare il parcheggio». Alla discussione, Filippo Costa rappresenta anche la società di consulenza che a Genova sta seguendo il progetto pubblico-privato di trasformazione della ex sede dell’azienda Sutter – una palazzina centrale che risale a inizio Novecento – in un innovation hub che ospiterà startup focalizzate sui temi dell’intelligenza artificiale. «Si tratta di un intervento di riqualificazione urbana – conclude Costa – per il quale abbiamo scelto sistemi già abilitati all’esposizione dei dati in cloud. L’edificio sarà connesso alle agende degli utenti, riconoscerà i presenti e potrà garantire illuminazione e condizionamento molto mirati. Un modo per dimostrare che l’interfacciamento con un sistema di machine learning serve sempre a pianificare, prevenire e ottimizzare». Il futuro ruolo dell’intelligenza artificiale applicata all’IoT nell’ambito di edifici e gruppi di edifici viene confermato anche da Fabio Ardossi di Data Reply. «Le aziende, che spesso non sanno nemmeno di possedere certe informazioni, dovrebbero puntare molto sull’acquisizione di dati fisici e di serie storiche. Oggi, miniaturizzazione dei sensori e deep learning si fanno anche sugli smartphone, figuriamoci se non possiamo metterli negli edifici. Spesso il problema sta nell’integrazione tra vecchio e nuovo, tra device che non parlano gli stessi linguaggi: se non riusciremo a costruire uno standard, il dialogo tra sistemi di uno stesso edificio e tra edifici della stessa smart city sarà difficile». Ma come ci ha insegnato l’internet dei computer, questo è il vero punto critico sulla strada della scalabilità evolutiva della Internet delle Cose.


Le videointerviste ai protagonisti

Silvio Garattini su IoT e Smart Building: «Mettere al centro le persone»

Videointervista a Davide Bigoni, project manager di Samsung Italia

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