A che serve leggere se si può twittare?

Chartbeat ha scoperto che la maggior parte degli articoli twittati non sono in realtà letti dagli utenti. Le aziende cercando quindi nuovi metodi per analizzare i livelli di soddisfazione del lettore

Una ricerca di Chartbeat, società che analizza il traffico sui portali web, ha messo in luce che la maggior parte degli articoli online twittati dagli utenti non sono in realtà letti da quest’ultimi. Dalle analisi sul tempo di stazionamento sulla pagina web prima del tweet è risultato che spesso si trascorrono solo pochi secondi fra l’apertura dell’articolo e la condivisione sul sito di microblogging, che sta testando un nuovo design ispirato a quello dei concorrenti. Il problema sembra comunque accumunare tutti i social network.

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Poco tempo da dedicare alle news

“Non abbiamo trovato una correlazione tra condivisione di un contenuto e sua effettiva lettura” –  ha spiegato l’AD di Chartbeat, Tony Haile – “Naturalmente c’è una connessione tra numero di tweet e volume totale del traffico verso un articolo. Ma questo non significa che i contenuti più letti siano quelli più twittati”. Secondo gli esperti il fenomeno è legato alla crescita del settore mobile. Gli utenti twittano soprattutto dal proprio smartphone e spesso il tempo per leggere le notizie è ridotto rispetto alla visione su desktop.

Nuovi metodi di analisi

La mancata lettura delle news può sembrare un problema da poco, visto che molti considerano che l’aspetto importante siano i click, ma questo fenomeno può mettere in difficoltà la social media analysis come oggi la conosciamo. Le analisi quantitative non bastano a interpretare l’impatto di un articolo sul pubblico. Se non è possibile calcolare il livello di soddifazione di un utente, in quanto il contenuto non viene letto, risulta poi difficile fare un’analisi qualitativa e ciò ha ripercussioni sulle campagne pubblicitarie. Facebook e Twitter, che puntano molto sulla raccolta di news per aumentare i ricavi, devono quindi correre ai ripari.

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Alcune aziende come YouTube, che ha iniziato una lotta senza quartiere contro le false views, hanno quindi pensato di monitorare non solo il numero di click ma anche i movimenti del mouse, lo scorrimento della pagina web e il tempo di apertura della finestra browser.