ADP, ripensare il capitale umano

Prysmian Group punta su Diversità e Inclusione per la valorizzazione del capitale umano

“Trasformare il modo in cui il mondo lavora”: questo il tema della conferenza organizzata da ADP, e che ha riunito a fine gennaio a Roma i top manager delle più importanti aziende multinazionali per discutere delle nuove tendenze nella gestione delle risorse umane

Roma – Una delle location più esclusive di Monte Mario, resa ancora più suggestiva da una fine gennaio quasi primaverile nella Capitale. È qui che si è svolta l’edizione numero 12 dell’evento annuale ReThink, organizzato da ADP, il numero uno mondiale nelle soluzioni informatiche per la gestione del capitale umano. Una tre giorni molto intensa, dedicata a un pubblico selezionato di circa 200 partecipanti da tutto il mondo, tra i quali oltre 150 clienti, equamente distribuiti tra C-level, amministratori delegati e direttori generali del personale delle principali multinazionali, aziende che impiegano circa 8.000.000 di dipendenti. Del resto, il tema della gestione delle risorse umane, o più in generale HCM, human capital management, ovvero gestione del capitale umano, è uno dei più rilevanti all’interno delle aziende, dato il ruolo di asset sempre più strategico delle persone, a maggior ragione se si tratta di imprese che operano a livello globale.

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Catalizzare il cambiamento

La necessità di valorizzare i talenti in un mondo che cambia è stata al centro degli interventi, sia da parte dei manager ADP, a iniziare dallo stesso presidente e CEO Carlos Rodriguez, sia da parte di ospiti di rilievo come Arianna Huffington, tra l’altro fondatrice dell’Huffington Post, e Malcolm Gladwell, autore di bestseller come “The tipping point”, che ha tenuto il keynote di apertura. Ma si sono rivelate preziose anche le esperienze dei clienti, come quella di Sam Harper di Hewlett-Packard, che ha espresso il punto di vista in ambito della gestione del payroll del colosso dell’informatica, fresco della nota scissione in due entità distinte divenuta operativa sul finire del 2015, o quella di Andreas Mayer di Teva Pharmaceuticals, che ha sottolineato l’importanza di una gestione su base globale del capitale umano anche ai fini di svolgere da catalizzatore per il cambiamento. È anche con clienti di questo calibro che si misura la leadership di una società come ADP, che è presente in oltre cento Paesi e propone una vasta gamma di competenze e soluzioni nell’ambito delle risorse umane, oltre che una solida infrastruttura tecnologica adeguata a sostenere la cultura dell’outsourcing delle attività HR. Se negli Stati Uniti, dove la società è nata quasi settant’anni fa, ADP gestisce 1 cedolino su 6 in totale, anche nel resto del mondo la leadership è chiara, con 630mila clienti complessivi per un totale di 55 milioni di persone gestite con la piattaforma ADP HCM Solution, che costituisce l’offerta di strumenti amministrativi e gestionali per un’amministrazione del personale a tutto tondo. Anche in Italia i numeri sono significativi, visto che ADP si occupa complessivamente di due milioni di persone in più di 1.100 aziende.

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Consumerizzazione e talent management

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Don Weinstein, chief strategy officer di ADP

Ma una gestione delle risorse umane, anche del capitale umano, come è giusto definire oggi le persone nel contesto delle trasformazioni in atto nelle aziende, non si limita più solo alle componenti amministrative relative al payroll o alla gestione fiscale e contributiva degli stipendi, in quanto abbraccia sempre più le funzioni attinenti alla valorizzazione dei talenti. “Anche in questo ambito sta prendendo piede la globalizzazione, che rende complessa la funzione di human capital management, anche in ragione del fatto che i diversi Paesi hanno norme non uniformi, ed è in questo nuovo contesto che è necessario poter contare su un unico player globale, in grado di fornire un servizio centralizzato di HCM che tenga conto delle nuove tendenze”, spiega a Data Manager Don Weinstein, chief strategy officer di ADP. “Tra le tendenze in atto, spicca in particolare la ‘consumerizzazione’, cioè la spinta verso una crescente facilità e gradevolezza d’uso delle applicazioni per la gestione del personale, fruibili anche via mobile o tramite app”, sottolinea Weinstein. Ma questo “non significa che ci si deve concentrare solo sull’interfaccia utente: il vero punto è ripensare il design partendo dall’end user, tenendo anche presente che, se il cedolino è più o meno lo stesso per tutti, i dipendenti non sono tutti uguali e spesso cercano diverse informazioni dallo stesso cedolino”, prosegue Weinstein.

Le trasformazioni in atto vedono anche l’emergere di nuovi modelli di gestione dei talenti: “Nel nuovo ambiente di business le aziende hanno la necessità crescente di attrarre talenti, e questo comporta un ripensamento degli approcci, soprattutto dei cicli annuali di revisione delle performance individuali, che talvolta si sono rivelati inadeguati ad aiutare lo sviluppo dei talenti. Spesso difficili da usare, questi strumenti potevano magari essere utili ai fini delle procedure aziendali, ma non erano adatti a fornire valore alle persone”, spiega Weinstein.

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Analytics in primo piano

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Tim Johnson, division vice president sales Europe – global enterprise solutions

Nella nuova fase del talent management assumono crescente importanza anche gli analytics. Secondo Don Weinstein, “un approccio di tipo data-driven per la gestione del personale può essere reso utile dalle possibilità offerte dagli analytics, in quanto è in grado di rendere l’approccio più scientifico e dare benefici anche in termini di costi, di compliance e di riduzione delle complessità”. Va però osservato che “l’uso degli analytics in ambito risorse umane è ancora a uno stadio iniziale, in quanto l’HR è rimasto indietro in questa corsa ai dati rispetto ad altre funzioni, come per esempio il marketing, che fino a dieci anni fa non era poi così informatizzato. La tendenza è ormai segnata pure in ambito HR, anche se ci sarà sempre qualcuno che dirà ‘le risorse umane non si possono misurare’. Ma si tratterà di quelle stesse persone che quindici anni fa dicevano ‘il marketing non si può misurare’, e poi è finita come sappiamo”, fa notare Weinstein.

Mettere a disposizione sia di chi si occupa di personale sia del top management una quantità di informazioni ordinate in modo aggregato e intelligente costituisce la nuova frontiera della gestione del capitale umano in modalità avanzata. Cosa che in buona sostanza risponde a precise esigenze del mercato: “Con la crescita della globalizzazione, le aziende multinazionali stanno sempre più abbandonando la decentralizzazione del passato in ambito risorse umane”, spiega a Data Manager Tim Johnson, la cui carica di division vice president sales Europe – global enterprise solutions lo indica a capo della struttura che in ADP si occupa delle multinazionali. “La consapevolezza che nel nuovo scenario le persone costituiscono l’asset più importante delle aziende è sempre più condivisa, e soprattutto nei settori knowledge-based vi sono numerosi esempi di imprese che continuano a investire per globalizzare le soluzioni”, prosegue Johnson. È però fondamentale, nel passare da un ambiente con pochi dati a uno con moltissimi dati, “capire ciò che è davvero importante, separando le informazioni rilevanti da quello che invece è semplice rumore di fondo, mettendo queste informazioni nel contesto giusto”, avverte Johnson, sottolineando anche la necessità di “stabilire i set di dati corretti e poi iniziare a fare leva su questi. Si tratta di quello che noi facciamo con tutti i nostri clienti, grazie anche alle soluzioni cloud, che permettono di rendere sempre più rapidi i cicli di adozione delle nuove soluzioni”. La gestione dei talenti targata anni 2000 è sempre più con noi.

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