Lo sviluppo sostenibile come chiave per il rilancio post Covid-19. Il doppio legame tra Industria 4.0, economia circolare, energia, mobilità, innovazione e lotta alle disuguaglianze. Serve una nuova alleanza tra decisori politici e sistema delle imprese per creare un mondo più resiliente e solidale

Chiudete gli occhi e pensate a come dovrebbe essere il paese in cui vorreste vivere”. L’esortazione è di Enrico Giovannini, fondatore e portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). Nell’attuazione dell’Agenda 2030, la tecnologia può svolgere un ruolo fondamentale. Un cambio di paradigma che ha bisogno – però – di un cambio di mindset e di governance nella gestione di tutti i processi economici. Com’è possibile conciliare innovazione e sostenibilità? Quando all’inizio dell’anno, abbiamo pensato a questo dossier sull’innovazione per un mondo migliore avevamo in mente un’idea precisa. La pandemia di Covid-19 ci ha fatto toccare con mano l’estrema fragilità dei sistemi complessi e interconnessi. L’emergenza sanitaria in atto ci espone a ogni tipo di contagio. L’emergenza è uno shock sistemico imprevisto che oblitera abitudini, comportamenti, modelli e ogni tipo di eredità del passato, sistemi legacy compresi, facendo emergere nodi infrastrutturali mai risolti.

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«Il cuore della sostenibilità è il rispetto tra le generazioni perché le scelte che facciamo oggi condizioneranno il futuro» – afferma Enrico Giovannini, docente di Statistica economica all’Università di Roma Tor Vergata e membro della task force voluta dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte per disegnare la ripartenza del Paese. «A causa dell’emergenza Coronavirus, stiamo vivendo una crisi di proporzioni senza precedenti e sarà un banco di prova per il futuro dell’unità europea». In questo contesto, non è più possibile declinare il concetto di sostenibilità senza associarlo a quello di resilienza. «Accanto all’unità di crisi dobbiamo pensare a una unità di resilienza per proteggere, promuovere, prevenire, preparare e trasformare».

La capacità di limitare la dipendenza dalle esportazioni e di utilizzare in modo efficiente tutte le risorse di approvvigionamento – energetiche, produttive, logistiche, finanziarie, umane – richiede anche una nuova capacità di governance per assicurare continuità al sistema, quando tutte le previsioni si dimostrano sbagliate o insufficienti. Perché la natura della prevenzione è pensare al peggio quando il peggio è scientificamente plausibile, sperando per il meglio. Tra tutte le lezioni che dimenticheremo il giorno dopo, ce ne sono alcune che sono la cartina tornasole della nostra capacità di guardare al futuro. La prima è che parliamo da anni di cultura dei dati, ma i dati vanno raccolti, puliti, resi omogenei, distribuiti e interpretati. In caso contrario, non sono uno strumento per decidere ma solo un alibi su cui scaricare le responsabilità di decisioni sbagliate. La seconda lezione da non dimenticare è che esiste una gerarchia dei diritti costituzionalmente garantiti: la salute, la mobilità delle persone, la libertà di impresa, il diritto alla privacy.

Il bilanciamento tra questi diritti è questione politica non tecnica. La trasformazione digitale accelera nell’emergenza. Ma l’emergenza non è il terreno più adatto per coltivarla. Le imprese sono sul confine o in mezzo al guado, immerse nel cambiamento fino al collo e alle prese con un quadro economico di grave incertezza. Le imprese e le persone cambiano solo quando sono costrette a farlo, quindi le crisi sono  un’opportunità ma anche una necessità per fare un salto in avanti. La politica per decidere guarda all’economia e l’economia guarda alle risorse tecnologiche. La complessità e la sicurezza, che si traducono in capacità di governance e di controllo, sono le sfide che ci attendono dietro l’angolo. Abbiamo bisogno di competenze adeguate, eppure stupisce ogni volta come la Pubblica Amministrazione – che per numero di dipendenti e risorse gestite può essere considerata la più grande azienda italiana – nei momenti di crisi debba cercare tra i manager delle imprese private le competenze per traghettarci fuori dai pasticci.

Le emergenze si superano, ma bisogna essere preparati ad affrontarle. Nella terra di mezzo della trasformazione dove tutto è “facile, veloce e prevedibile” – le “scorciatoie” di ogni tipo e in ogni contesto – possono portare su sentieri scivolosi. Come sarà il mondo che dovrà convivere con l’emergenza in atto? Più piccolo e diviso o più resiliente e meno burocratico? Forse, dobbiamo essere vaccinati più dalla tentazione assoluta del controllo che dalla paura del contagio. Perché resilienza significa prevedere gli effetti delle decisioni nel lungo periodo.

«Il momento che attraversiamo – afferma Fabio Rizzotto, associate VP & head of Research and Consulting di IDC Italia – mette la società davanti a nuove consapevolezze. «L’accelerazione della digital economy è nulla se paragonata alla velocità di adattamento imposta dai nuovi scenari. Avevamo concepito e pianificato la sostenibilità immaginando di poterci permettere una sorta di avvicinamento progressivo. Gli stravolgimenti su larga scala ci insegnano che la nostra sostenibilità sarà più immersiva nelle dinamiche planetarie, e le eccezionalità che si porta dietro chiamano in causa, appunto, la resilienza. Fisica ed emotiva, in primo luogo, e anche operativa. Senza la prima non esisteremmo, senza la seconda il distanziamento sociale non consentirebbe a gran parte dell’economia e del lavoro di andare avanti. Perché l’IT è anche questo».

NUOVE GEOMETRIE

Sostenibilità significa tenere conto non solo dei fattori esterni e delle loro interazioni, ma soprattutto delle conseguenze. Significa concepire una nuova IT non come somma delle singole parti ma come architettura. Significa non solo accelerare l’innovazione ma tenere conto dei rischi. Significa pensiero per un’azione dotata di senso e capace di tenere conto degli effetti, senza perdere la capacità di governance. Un insegnamento che possiamo prendere in prestito dai CIO e che può permeare ogni aspetto della ripresa. Una prospettiva che amplia gli obiettivi dell’Agenda 2030 e l’azione di governo del Paese per un cambio di impostazione a favore dello sviluppo sostenibile, coerente con le politiche europee in campo di educazione, occupazione, tutela della salute e dell’ambiente.

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La sfida della sostenibilità è la sfida del nostro tempo. Una necessità per salvare il nostro futuro, ma anche una straordinaria opportunità. Il doppio legame tra Industria 4.0, economia circolare, energia, mobilità, innovazione e lotta alle disuguaglianze, come emerge dal Rapporto ASviS 2019, si impone all’attenzione dei decisori politici in tutta la sua drammatica attualità. Mentre avanza il rischio recessione, sempre più urgente diventa la necessità di un forte piano per il risparmio energetico con risorse e provvedimenti utili a tutti i settori produttivi. Spazio alle energie da fonti rinnovabili e agli investimenti sui trasporti sostenibili. L’emergenza sanitaria sta dimostrando come l’adozione di strategie e modelli di business sostenibili, oltre ad avere effetti positivi a livello sociale, rende le imprese meno vulnerabili e più competitive, assicurando continuità di business e una maggiore solidità nel lungo termine. Investire nelle fonti rinnovabili, nella trasformazione digitale e in un modello energetico sostenibile è un’opportunità unica per il rilancio economico e sociale post Covid-19 in Italia e in Europa.

Le tecnologie possono essere un alleato per lo sviluppo sostenibile a patto che si facciano gli investimenti giusti e che si sia disposti a uscire dalla logica esclusiva del vantaggio competitivo. Le circostanze che stiamo attraversando, come ogni crisi che abbiamo superato, riportano al centro l’essere umano, con tutta la sua capacità di reagire a errori e fragilità. I fatti ci dicono che il connubio tra uomo e tecnologia sta offrendo un grande, e a tratti insperato, contributo sia nella quotidianità trasformata dagli eventi sia nell’attività di ricerca da parte della comunità scientifica globale. Come attività ad alto contenuto tecnologico, la sanità sarà uno dei settori trainanti per le applicazioni che mettono insieme capacità di calcolo, sensori, intelligenza artificiale, telecomunicazioni e big data, facendo nascere un modo nuovo di curare, di essere paziente, di fare ricerca e di organizzare l’assistenza. Dallo smart working alla telemedicina, dall’e-learning alla telepresenza, le reti stanno svolgendo un ruolo fondamentale per il mantenimento della coesione sociale e del tessuto economico, disegnando una nuova geometria della resilienza. Per proteggere il lavoro, le persone, le imprese serve più tecnologia, non meno. L’IT ci permetterà di creare uno scudo basato sulla tecnologia, per essere più forti, mettendoci al riparo anche dagli errori e dalle sottovalutazioni del fattore umano.

NEW DEAL GLOBALE

La pandemia di Covid-19 è un altro tassello nel processo di superamento della globalizzazione. L’OCSE avverte che le conseguenze sul mondo stanno superando le peggiori previsioni economiche e sottolinea che è urgente e necessario uno sforzo coordinato da parte dei governi e delle banche centrali per superare la crisi. Nel frattempo, IDC ha rivisto ulteriormente al ribasso le stime di crescita della spesa ICT in Europa nel 2020, con una traiettoria che la porterà in territorio negativo al -4%. Ma globalizzazione e sostenibilità non sono due grandezze incongruenti. La sfida per correggere gli errori non si può vincere restando da soli o procedendo in ordine sparso. Servono collaborazione e obiettivi comuni. IDC ha identificato molti fattori esterni che hanno un impatto diretto o indiretto sulla futura pianificazione aziendale e IT a livello globale. I fattori esterni – sanitari, politici, economici, sociali, tecnologici, ambientali, legali e commerciali – svolgono un ruolo determinante sull’andamento della spesa IT. Nei sistemi complessi e interconnessi, esiste un elemento di incertezza ineliminabile. Il rischio – benché calcolato – non può essere ridotto a zero. Questi fattori esterni tendono a plasmare, le decisioni dei leader aziendali, per assicurare la continuità di business.

Quando parliamo di sostenibilità, il collegamento più immediato è legato ai consumi delle risorse del Pianeta, e alla capacità di resilienza rispetto all’impatto a lungo termine degli eventi meteorologici e la scarsità di risorse. La popolazione urbana sta crescendo a livello globale. Di conseguenza, le città sono soggetto sia attivo del fenomeno sia passivo del cambiamento climatico. Secondo i dati di IDC, le aree urbane rappresentano oltre il 60% del consumo globale di energia e sono responsabili del 70% delle emissioni di gas serra a livello worldwide. Il 23% della popolazione mondiale vive a una distanza media di 100 chilometri dalla costa, ed è esposta al rischio di intrusioni di acqua salata e inondazioni. Le previsioni sull’aumento della temperatura in tutto il mondo rappresenterà una sfida per le città sia in termini di sostenibilità ambientale che di resilienza economica e sociale. Le piogge stanno diventando più rare ma più intense, aumentando così il rischio di alluvioni e contaminazione dell’acqua. Gli eventi meteorologici estremi spingono le persone a migrare, mettendo sottopressione i sistemi urbani e aumentando il rischio di conflitti.

È necessario rafforzare le infrastrutture critiche, in particolare sanità, acqua, elettricità, drenaggio e sistemi di trasporto. La tecnologia dell’informazione, come l’IoT e l’IA, può contribuire a rendere più efficienti il funzionamento e la manutenzione dell’infrastruttura, monitorando i rischi e consentendo ai residenti di affrontare le emergenze. Città come Rotterdam e Parigi in Europa stanno collaborando per diffondere l’uso di applicazioni per trovare rifugio in presenza di ondate di calore. Ma gli investimenti in infrastrutture fisiche e tecnologia non sono sufficienti.

Per Fondazione Feltrinelli occorre partire da una visione in grado di inquadrare il presente per immaginarne il futuro. Un approccio sistemico, che non considera l’innovazione e la sostenibilità come questioni isolate e chiuse, ma in stretto rapporto tra di loro e con tutti gli aspetti della realtà. Per questo, non possiamo parlare di innovazione e sostenibilità, e delle loro interazioni, senza parlare anche di economia, lavoro, benessere, democrazia, territorio ed educazione. Viviamo in un momento di cambiamento, e l’innovazione tecnologica è uno dei pilastri di questa grande transizione. Ma viviamo anche in un periodo di grandi crisi complesse – sanitarie, economiche, sociali, ecologiche – a cui dobbiamo rispondere usando gli strumenti che la transizione ci mette a disposizione. L’innovazione tecnologica, quindi, non può essere disgiunta dalla riflessione sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale. Occorre coniugare la logica intrinseca della tecnica con l’esigenza di uno sviluppo che sia a misura d’uomo. Per farlo, bisogna rafforzare le basi politiche comuni, concentrando gli sforzi su ciò che ci unisce e non su ciò che ci divide. L’impegno di Fondazione Feltrinelli è rivolto alla ricerca di strumenti e contenuti che possono servire a costruire un sistema di valori condiviso per creare un quadro di uguaglianza nell’accesso e nell’uso delle risorse materiali e immateriali.

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In questo momento di emergenza epidemica, l’innovazione tecnologica è un fortissimo vettore di supporto allo sviluppo e di risposta alla crisi: molti se ne stanno rendendo finalmente conto. La tecnologia e la tecnica ci consentono di sopravvivere alla malattia, di comunicare a distanza, di mantenere una qualità di vita elevata pur se in quarantena o limitati negli spostamenti, permettendoci di capire cosa sta succedendo intorno a noi e di reagire. Ma questo funziona solo se ci sono visioni strategiche di ampio raggio e lungo periodo che si trasformano in scelte politiche; se queste scelte si traducono in ricerca e uguaglianza; e se esistono trasparenza ed evidenza delle ricadute positive per tutti gli attori in gioco, anche per quelli che non hanno voce al tavolo politico.

NUOVE LOGICHE DI SVILUPPO

Si avverte forte l’esigenza di tornare a parlare di futuro. Potrebbe sembrare un gioco di parole, ma pensare la sostenibilità senza tecnologie non è sostenibile. E al tempo stesso, la tecnologia deve risolvere alcuni “bug” interni in termini di obiettivi (massimo del risultato con il minor impiego di risorse) e di impatto (consumo di energia e ambiente). Prima che i riflettori si accendessero su Wuhan, la conferenza sul clima dell’ONU di fine settembre aveva riportato al centro del dibattito il problema del cambiamento climatico nelle agende dei governi. L’obiettivo delineato dalla IPCC – il braccio scientifico dell’ONU sul cambiamento climatico – è di restare sotto una soglia di surriscaldamento inferiore agli 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali della temperatura media. Soglia che, secondo gli esperti, verrà raggiunta tra il 2030 e il 2052, se il volume di emissioni di CO2 proseguirà ai ritmi attuali. Nel computo, però non erano previsti gli effetti da lockdown globale. In tutti i casi, la roadmap da rispettare resta tassativa. Nel 2030, si deve praticamente dimezzare il volume di emissioni misurato nel 2010. Nel 2050, il mondo dovrà sostanzialmente essere “carbon neutral”. L’industria IT può agire a livello delle soluzioni ma è anche parte del problema.

L’industria dei data center in Cina ha emesso circa 99 milioni di tonnellate di CO2 nel 2018. Secondo i dati dei ricercatori di Greenpeace East Asia e della North China Electric Power University, aumentare l’apporto di energia rinnovabile del settore del 7% nei prossimi cinque anni ridurrebbe le emissioni di carbonio di 16 milioni di tonnellate. Una previsione che potrebbe essere utile anche per abbassare il livello di inquinamento cronico della Pianura Padana, di per sé drammatico, anche senza considerare l’attuale emergenza sanitaria.

La tecnologia è sicuramente una delle armi più potenti nella lotta contro le inefficienze energetiche (e quindi contro le emissioni eccessive), contro l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, degli alimenti. Ma l’IT può agire anche a livello di processo, contribuendo a rinnovare e “ripulire” il modo in cui costruiamo le case e gli oggetti che ci servono; o coltiviamo, alleviamo, trattiamo gli alimenti, tracciandone la provenienza in tutte le fasi della filiera; movimentiamo le persone e le merci; interagiamo e cresciamo sul piano della socialità e dell’istruzione.  E può aiutarci moltissimo – grazie a soluzioni IoT e analytics – a misurare con più precisione il “peso” energetico di tutte le nostre attività, consentendoci così di studiare nuove soluzioni di efficientamento. Le stime della European Framework Initiative for Energy & Environmental Efficiency in the ICT Sector parlano della possibilità di raggiungere – grazie a una maggiore efficienza nell’uso dell’energia – una riduzione del 15% delle emissioni globali addirittura entro il 2020. Questo in un contesto dove l’IT da sola ha un “footprint” di CO2 non trascurabile ma rimasto sostanzialmente piatto negli ultimi anni, nonostante l’incredibile aumento dei volumi di dati generati (in Europa, il settore consuma circa il 10% dell’energia elettrica generata sul continente, per un 4% delle emissioni globali). Secondo gli analisti di IDC (Worldwide Datacenter 2020 Predictions), entro il 2023, il 50% dei core data center aziendali e il 75% dei principali siti IT Edge sfrutteranno i controlli abilitati ML e AI per trasformare la manutenzione e migliorare l’uso efficiente delle risorse energetiche.

Le pratiche di manutenzione predittiva e proattiva trasformeranno il modo in cui i data center verranno monitorati e gestiti nei prossimi anni. Soprattutto nelle aree IT critiche, i controlli remoti basati sulle tecnologie ML e AI saranno essenziali per le operazioni resilienti. Le organizzazioni più lungimiranti di servizi infrastrutturali critici faranno maggiormente affidamento sulla tecnologia AI e ML per migliorare la loro efficienza ed efficacia. «Gli obiettivi di efficienza energetica e sostenibilità diventeranno anche temi di rinnovato interesse per molte organizzazioni in tutto il mondo perché le motivazioni per essere “più green” vanno oltre il risparmio di denaro» – spiega Fabio Rizzotto. «Il crescente interesse degli investitori, il morale dei dipendenti e la percezione del pubblico sono le massime priorità e la retribuzione dei dirigenti è spesso legata alla capacità di progredire sugli obiettivi di responsabilità sociale e ambientale delle imprese. Sfruttare la tecnologia AI per indirizzare il raffreddamento e ridurre gli sprechi può avere un impatto positivo sul consumo energetico di un’organizzazione».

DOPPIA TRANSIZIONE PER L’UE

ll 29 gennaio 2020, la nuova Commissione europea ha adottato il suo programma di lavoro annuale, annunciando 43 nuove politiche concrete e misure legislative da introdurre nel corso del 2020, e che si andranno a sommare a quelle per contrastare la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze, traducendo in pratica gli orientamenti politici del nuovo presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Clima, sostenibilità e digitalizzazione sono le sfide chiave dichiarate per l’UE negli anni a venire, e gran parte del programma mira a facilitare una “doppia transizione” verso una “Europa digitale equa, e a impatto zero, dal punto di vista climatico. Una doppia transizione resa più difficile dall’emergenza Covid-19, ma che ha trovato nella Green Recovery Alliance una convergenza trasversale nel Parlamento europeo.

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In risposta alle sfide del riscaldamento globale, dell’esaurimento delle risorse naturali, della perdita di biodiversità e dell’aumento delle catastrofi naturali e dei loro rispettivi impatti sulla sicurezza e sulla prosperità europee, il programma di lavoro per il 2020 incornicia la questione dell’ambiente e della sostenibilità come “il compito principale” del nostro tempo, trasformando la sostenibilità come base per il rilancio dell’economia post Covid-19. Il New Green Deal europeo mobiliterà un trilione di euro in investimenti nel prossimo decennio insieme a un piano d’azione per l’economia circolare, che includerà un’iniziativa sui prodotti sostenibili, con un focus specifico sulle industrie tessili, delle costruzioni, dell’industria elettronica e della plastica. Le numerose iniziative politiche e legislative annunciate per il secondo settore prioritario della Commissione – quello del digitale – dovrebbero influenzare la stragrande maggioranza delle imprese.

Il white paper sull’intelligenza artificiale, benché non all’altezza di una legislazione vincolante su etica e intelligenza artificiale rappresenta comunque un primo passo nella strategia europea sull’uso degli algoritmi e nella regolamentazione dell’intelligenza artificiale sul modello del GDPR. Poiché la tecnologia digitale diventa un aspetto sempre più centrale nella nostra vita, le persone devono essere in grado di fidarsi. Il dibattito sulle applicazioni di tracciamento dei contagiati su vasta scala ne è la dimostrazione più evidente. Affidabilità e trasparenza sono il prerequisito fondamentale per l’adozione di ogni nuova tecnologia. Ma occorre registrare che il white paper fa un passo indietro rispetto al tema del riconoscimento facciale, lasciato in mano ai singoli stati membri, con tutto quello che può significare.

Azzerare le emissioni nette entro il 2050 è il grande obiettivo della legge europea sul clima. La legge sul clima è la traduzione in termini legali dell’impegno dell’Europa verso un futuro più sostenibile, da cui non si può tornare indietro. Il cambiamento climatico, la crescente disuguaglianza e la fragilità economica minacciano il benessere dell’uomo come mai prima d’ora. A questo, si aggiunge la pandemia che tocca tutti. Due emergenze contingenti e globali ma caratterizzate da una differente percezione dei rischi connessi, benché di uguale portata.

VERSO L’ECONOMIA CIRCOLARE

La sostenibilità è un fattore di differenziazione molto importante, con le iniziative di sostenibilità che svolgono un ruolo importante nella selezione dei fornitori e dei partner, nonché l’attrazione e la fidelizzazione dei dipendenti. L’83% delle organizzazioni statunitensi dichiara di avere un impegno di sostenibilità in atto. IDC ritiene che il reparto IT possa accelerare ulteriormente gli obiettivi di sostenibilità a livello aziendale includendo l’ottimizzazione della potenza del data center o la riduzione della potenza come metrica verso gli obiettivi di efficienza energetica. Non solo. Business e sostenibilità hanno una correlazione positiva: una leadership responsabile porta a migliori performance finanziarie. Obiettivi che possono essere perseguiti solo grazie a un nuovo modello di leadership responsabile in grado di focalizzarsi sull’inclusione, sull’innovazione e sulla definizione di obiettivi condivisi.

Nel corso degli ultimi trent’anni – però – abbiamo disarticolato il potere dalla responsabilità, il lavoro dal capitale, la finanza dall’economia. Dobbiamo passare dal modello obsoleto di economia lineare a quello di economia circolare. Dobbiamo tenere insieme l’ecosistema ambientale e umano. Non c’è un prima e un dopo: tutto è collegato. Le migrazioni, le pandemie e i cambiamenti climatici sono fenomeni interconnessi e non isolati tra loro. La tutela della salute globale e l’equità dell’accesso alle cure sono un imperativo etico imprescindibile per il futuro del Pianeta e la salvaguardia del benessere di ciascuno. La diseguaglianza non è sostenibile per definizione. Nei paesi del G10, la vita media si allunga di tre mesi ogni anno, mentre in altri luoghi del mondo l’aspettativa di vita è ferma a 50 anni.

Secondo le previsioni dell’ONU, nel 2050 la popolazione mondiale arriverà a 9,7 miliardi. E un quarto degli abitanti avrà accesso all’80% delle risorse del Pianeta. Un sistema così squilibrato non potrà durare ancora a lungo. E non è una questione etica, ma fisica. Quando si prendono delle decisioni, dobbiamo sempre chiederci chi pagherà il prezzo più alto, perché la disuguaglianza non è un destino, ma l’effetto di una decisione presa altrove. E possiamo fare molto per ridurla. Il futuro di tutti dipende dalle scelte che facciamo. La trasformazione digitale non è solo disruption ma è soprattutto construction. L’IT non può essere soltanto la cassetta degli attrezzi, ma deve ispirare le scelte giuste. Conosciamo la strada. Abbiamo gli strumenti. Che cosa ci impedisce di dare forma al cambiamento? Dobbiamo fare i conti con la complessità che aumenta come la polvere sotto il tappeto e dobbiamo accettare che non ci sono soluzioni semplici. Dobbiamo imparare a imparare e dobbiamo ascoltare per decidere.  Dobbiamo prendere la responsabilità delle scelte su noi stessi e dobbiamo distinguere tra mezzo e fine. La tecnologia è empowering, serve a ridurre le differenze che creano squilibrio, per creare un mondo migliore alla portata di tutti.