Accessibilità digitale tra opportunità reali e barriere virtuali

Accessibilità digitale tra opportunità reali e barriere virtuali

L’accessibilità digitale come fattore abilitante per percorsi di trasformazione digitale e di business inclusivi. L’esperienza di PwC per una digital customer experience accessibile

La tecnologia digitale sta dimostrando di poter essere un valido alleato delle persone con disabilità, ma questo potenziale è sprecato se l’accessibilità non migliora di pari passo. Anzi, l’introduzione di nuove tecnologie, se non progettate in modo inclusivo, può costituire un’ulteriore barriera per un numero elevato di persone. Dal 2022 è entrato in vigore un obbligo normativo che impone a tutte le aziende di grandi dimensioni di adeguare i propri touch-point digitali agli standard di accessibilità e si sta quindi assistendo a una “corsa alla accessibilità” fatta di adeguamenti puntuali.

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Tuttavia, introdurre remediation action per rendere i canali digitali in linea con le best practice e i framework normativi è uno sforzo in buona parte accessorio, se in primo luogo non viene adeguata la cultura aziendale e, di riflesso, l’operatività. L’accessibilità digitale è una catena di dipendenze in cui formazione, hardware, software, contenuti e standard devono lavorare insieme armoniosamente. Anche se la componente tecnica è un fondamento per la sfida all’inclusività, considerarla l’unica in gioco sarebbe estremamente semplicistico per le parti coinvolte che sono interessate a miglioramenti significativi e continui della situazione esistente. Persino chiamare lo stato attuale dell’accessibilità digitale una “situazione” è inadeguato, poiché l’accessibilità è strettamente legata ai cicli tecnologici e deve essere pensata come un processo continuo e dinamico piuttosto che come uno status quo immutabile. Nella storia della tecnologia digitale si susseguono cicli periodici con guadagno e perdita di accessibilità: sistemi operativi, applicazioni software e siti web, i cui problemi di accessibilità vengono risolti, tornano inaccessibili una volta lanciata una nuova versione, una evolutiva.

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Negli ultimi anni, per esempio, i produttori di smartphone hanno dovuto fare i conti con il progressivo aumento delle dimensioni dei touch-screen, individuando soluzioni volte a limitare i problemi di accessibilità insorti (impossibilità di utilizzare il telefono con una mano sola). Sebbene le “regressioni”, ovvero la reintroduzione accidentale di problemi software, sia una sfida abbastanza comune nell’industria del software, in questo caso il fenomeno è differente: vengono apportate correzioni di accessibilità, ma il processo di produzione stesso non viene migliorato. Di conseguenza, non appena i consulenti di accessibilità esterni o uno sviluppatore particolarmente esperto vengono ricollocati ed è necessario un aggiornamento, si ripresentano vecchi e nuovi problemi di accessibilità.

L’accessibilità digitale è quindi da considerare un elemento fondamentale che deve diventare parte integrante di tutto il processo di progettazione e sviluppo di qualsiasi software al pari della sicurezza del dato, della performance del sito o della UX del template. La formazione per gli stakeholder coinvolti nel processo è quindi l’unica vera leva per permettere di rispettare gli standard normativi richiesti garantendo un’evoluzione sostenibile e continua. Questo anche perché l’accessibilità digitale non può e non deve essere considerata solo un obbligo normativo. Si tratta di mettere davvero l’utente “al centro” rendendo fruibili dei servizi a centinaia di migliaia di persone che verrebbero altrimenti escluse dal processo di digitalizzazione verso cui il mondo sta andando.

A cura di PwC