Francis Fukuyama La storia continua


Le società liberali sono minacciate dalla tecnologia?

«Fiducia, legalità e reciprocità alla base di un nuovo ordine morale»

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La tecnologia sta trasformando il pensiero. Il cambiamento tecnologico è tra le forze alla guida dell’odierna trasformazione geopolitica e geoeconomica. Manodopera, materie prime, tecnologia e capitale sociale sono gli asset fondamentali per il futuro. L’Istat (dati annuario 2010) fotografa un’Italia – da un lato – sempre più vecchia, malata, con meno figli e più disoccupazione – dall’altro – registra la crescita degli immigrati (6,5% della popolazione totale), dei telefoni cellulari (presente nell’87,3% delle famiglie), del personal computer (48,7%) e della connessione a Internet (48,9% della popolazione, contro il 44,4% del 2008). Il capitale sociale rappresenta la capacità della società di lavorare insieme per il bene comune. Fiducia, legalità, reciprocità rappresentano la base del capitale sociale. La disgregazione della società industriale erode costantemente questa base. Siamo sempre più cittadini del mondo senza legami di sangue o valori condivisi. Riconoscersi in un unico vasto gruppo umano basterà per tenerci insieme? La naturale tendenza sarà la guerra di tutti contro tutti ipotizzata da Hobbes o il ritorno alla ricostruzione di un nuovo ordine morale partendo dalle fondamenta? Le società tecnologiche consumano capitale sociale più di quanto ne producano? In altre parole, le società liberali sono minacciate dalla tecnologia? Abbiamo girato la domanda al famoso quanto controverso politologo americano Francis Fukuyama (www.fukuyama.stanford.edu) che da quest’anno insegna alla Stanford University (www.cddrl.standford.edu). Nato a Chicago, classe 1952, tra i pensatori contemporanei più influenti, Fukuyama ha raggiunto la notorietà internazionale grazie alla pubblicazione nel 1992 del libro La fine della storia e l’ultimo uomo.

 

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Data Manager: Le società tecnologiche consumano capitale sociale senza sostituirlo?

Francis Fukuyama: La verità è che sono cambiate le fonti di approvvigionamento. In passato, erano la religione, la tradizione di padri, oggi è più complicato. Alla “grande disgregazione” corrisponde la ricostituzione di un ordine nuovo. Si tratta di un processo multigenerazionale che lascia molte vittime sul campo. La miniaturizzazione morale e il multiculturalismo generano relativismo. Quando il relativismo tocca anche la politica, allora le società liberali perdono forza.

La storia si ripete?

Mentre il vecchio ordine morale si sgretola, il nuovo già avanza. Religioni e governi non sono più in grado di imporre un ordine sociale. È la stessa natura umana a stabilire nuovi valori: quasi un primato della biologia sulla politica. Ci sono due processi paralleli in atto. Nella sfera politica ed economica, la Storia sembra essere progressiva e direzionale e alla fine del XX secolo ha trovato il suo culmine nella democrazia liberale. Nella sfera sociale e morale, invece, la Storia sembra essere ciclica, con un ordine sociale che nel corso delle generazioni fluisce e rifluisce, e non c’è nulla che garantisca una svolta nel ciclo. La nostra sola ragione di speranza risiede nelle innate e incommensurabili capacità dell’uomo di ricostruire l’ordine sociale.

L’innovazione è un concetto di destra o sinistra?

Non è una questione di destra o sinistra, ma di visioni culturali diverse. Negli Stati Uniti, a differenza dell’Europa, si crede che l’innovazione avvenga soprattutto a livello privato. Se non c’è Stato, allora, si può parlare veramente di innovazione. In Europa, invece, è soprattutto allo Stato che si chiede di investire in innovazione. Pensiamo alla Francia: le aziende più innovative vedono la partecipazione diretta dello Stato. Negli States si è contro il settore pubblico. In Francia solo lo Stato può fare innovazione.

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Quale futuro ci attende?

Come americano sono molto preoccupato del futuro. Gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo di leadership mondiale nell’economia e nella sicurezza. Attualmente, gli Usa sono polarizzati dagli affari interni. C’è sfiducia nel governo. Alle elezioni di medio termine, i democratici hanno ricevuto una spallata importante dai repubblicani. Obama si trova in una situazione di stallo decisionale. Il dollaro non gode di buona salute. Il governo non è in grado di affrontare la riforma fiscale per scongiurare un rischio Grecia.

Ma stiamo parlando degli Stati Uniti o dell’Italia?

I guai del mondo si somigliano tutti. Per il momento, non c’è la volontà politica di affrontare il cambiamento. Nel futuro, il mondo sarà un posto diverso: gli Usa che sono stati la guida del mondo, dall’inizio della Guerra Fredda a oggi, non lo saranno più.

E parlando dell’Italia, quale sfida ci attende?

L’Italia è costituita da diverse regioni. Ci troviamo a Milano nel cuore di una vasta area industrializzata, per molti aspetti simile al Nord dell’Europa. Poi c’è il Meridione, con una struttura diversa, meno fiducia nello Stato, alto tasso di criminalità. Non si può parlare di un’Italia unica e omogenea. L’Italia deve rivedere la propria governance. Nel lungo periodo, questa sarà la sfida anche per tutti i governi europei, perché gli Stati non sono più in grado di far fronte alle promesse fatte ai cittadini. La popolazione che invecchia, il tasso di natalità che diminuisce sono dinamiche sociali che richiedono risposte politiche per adeguarsi al cambiamento in atto.

Qual è la lezione più importante che ha imparato?

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Ho avuto molti maestri nella mia vita e ho imparato molte lezioni.

Quella più importante, ma anche più difficile da imparare è ammettere di avere sbagliato e decidere di cambiare idea.

Sono noto per essere un conservatore. Dieci anni fa, nel 2000, avevo votato Bush, ma quando è stata dichiarata guerra all’Iraq, ho cominciato a criticare il governo e mi sono allontano dai repubblicani. È stato molto difficile per me: ho dovuto rompere delle amicizie, mettermi in discussione come persona e come studioso. Le idee devono servire a spiegare il modo, e quando sono sbagliate o non sono più in grado di farlo, bisogna riconoscerlo, non tutti però ne sono capaci.

Ict, robotica, biotecnologie, green-energy, mobiltà. Da quale parte arriverà la prossima ondata tecnologica?

Se lo sapessi sarei ricco e felice. Io insegno a Stanford. Mi sono trasferito nella Silicon Valley e sicuramente l’Ict statunitense è in un periodo di attesa. Non è chiaro quale sarà la prossima ondata di innovazione, ma non penso che arriverà tramite Facebook. Non intravedo all’orizzonte una nuova imminente rivoluzione tecnologica, ma se dovesse arrivare riguarderà, probabilmente, il settore delle biotecnologie.

Che cosa è il potere?

La capacità di guidare con l’esempio.

E il potere delle donne?

Il mondo sarà delle donne. Mia moglie Laura ha avuto la pazienza di leggere tutte le versioni dei miei libri e la sua opinione si è dimostrata molto più affidabile della mia.