I big del web a Obama: “Non cambi le regole sulla crittografia”

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Circa 140 aziende del web e associazioni hanno inviato una lettera alla Casa Bianca per chiedere di non cambiare le regole sulla crittografia

Lo scandalo Datagate ha dimostrato che i nostri dati non sono al sicuro. Le aziende del web hanno preso provvedimenti per impedire che hacker, pirati e agenzie governative si impossessino delle informazioni personali degli utenti ma a Washinghton temono che questi sistemi di sicurezza possano diventare uno ostacolo per la giustizia. Diversi big della Silicon Valley e associazioni che difendono la libertà della Rete hanno quindi chiesto al presidente USA Barack Obama di non modificare le regole che riguardano la crittografia.

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I big del web: “La crittografia è necessaria a proteggerci e non può essere limitata”

Centoquaranta aziende del web e associazioni hanno inviato una lettera ad Obama e al Congreso in cui chiedono di non modificare le attuali regole sulla crittografia online. “La crittografia – si legge nel testo pubblicato dal Washington Post – protegge quotidianamente miliardi di persone da un numero infinito di minacce, dai criminali di strada che tentano di rubare telefoni e computer portatili a quelli informatici, dalle spie industriali che cercano di ottenere dati riservati ai governi repressivi che cercano di soffocare il dissenso, alle agenzie di intelligence straniere che cercano di compromettere la nostra sicurezza nazionale o quella dei nostri alleati”. I firmatari della missiva, tra cui figurano diversi big della Silicon Valley (Google, Facebook, Twitter, Microsoft, Apple, Yahoo!), esperti di sicurezza e associazioni in difesa della libertà della Rete (Human Right Watch e Electronic Frontier Foundation), chiedono quindi al governo di “rifiutare ogni tipo di proposta che indebolisca la sicurezza dei prodotti delle compagnie USA”. Anche Whitfield Diffie, uno dei fondatori della crittografia a chiave pubblica, ha deciso di partecipale all’appello.

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Il timore delle agenzie governative statunitensi è che i sistemi per la protezione dei dati possano involontariamente proteggere criminali e terroristi e siano di ostacolo alle indagini. In più occasioni il direttore dell’Fbi James Comey si è infatti scagliato contro iMessage di Apple e alcuni servizi di Google perché è diventato troppo laborioso trovare le chiavi per accedere ai dati contenuti negli smartphone.