Salute, sostenibilità, ambiente. Informazioni per addetti ai lavori

Salute, sostenibilità, ambiente. Informazioni per addetti ai lavori

Persone e futuro del pianeta (in azienda si dice HSE) nell’era delle macchine che diventano sempre più intelligenti e autonome. Tra vincoli normativi e trasformazione digitale. Con la partecipazione di Gruppo Montenegro, Prometeon, Alcatel-Lucent Enterprise, Pirelli, Siram Veolia, Wolters Kluwer, Falck Renewables, Marelli e Orange Business Services

C’è un aspetto spesso trascurato quando si parla della rivoluzione che l’Internet delle cose sta portando nei luoghi di produzione. Mentre il lavoro nelle fabbriche, nei cantieri e nelle infrastrutture si evolve e l’intelligenza embedded e la connettività generano grandi volumi di informazioni che possono tradursi, grazie al software, in maggiore efficienza e durata degli impianti, produttività e qualità, la tecnologia trasforma anche il modo di approcciare la problematica della salute degli operatori, dell’impatto delle attività industriali sull’ambiente e la loro sostenibilità in termini energetici e sociali. Anche in questo ambito, la tecnologia ha moltissime cose da dire. Da un lato può contribuire a rendere più intuitive le interfacce uomo-macchina, semplificando e automatizzando il controllo sull’operatività degli impianti e dei singoli macchinari. Dall’altro fabbriche, acciaierie, cantieri, bacini di estrazione in territori desertici e oceanici, aeroporti e più in generale tutti i contesti a forte rischio lavorativo, oggi possono avvalersi di soluzioni software e hardware che aumentano la resilienza e la sicurezza degli impianti, consentendo al tempo stesso di gestire in modo smart l’organizzazione degli staff e monitorare lo stato di salute di chi opera in determinati ambienti o con determinate attrezzature, anche in ottica preventiva.

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Applicazioni strategiche

Lo stesso vale per le soluzioni che possono affiancare i responsabili della sicurezza e della tutela ambientale nelle loro azioni volte a controllare e minimizzare il rilascio di sostanze inquinanti o dannose e fare scelte riferite alla sostenibilità anche ambientale delle loro aziende. Per esempio riducendo i consumi di energia, ricorrendo a fonti di approvvigionamento più sostenibili e sempre più contribuendo al fabbisogno complessivo con iniziative di auto-generazione e interconnessione con le reti di distribuzione dell’elettricità, dei fluidi per riscaldamento e così via. Tutto il comparto Health and Safety sta diventando un elemento essenziale nelle strategie delle aziende i cui livelli di produttività dipendono dal buon funzionamento di un sistema informatico o di un macchinario industriale, ma ancora di più dalla buona salute e dalla tutela dell’operatività del personale umano. Il settore è sicuramente vincolato al rispetto di tutta una serie di norme cogenti sulla tutela del lavoratore e dell’ambiente. Un apparato legislativo che non è solo locale. Normative come la nuova direttiva europea sulle macchine industriali connesse, che prescrive opportuni approcci sia per quanto riguarda gli aspetti della “industrial confidentiality”, sia per quanto riguarda la “safety” la sicurezza degli impianti e del loro impiego, trovano applicazione in un contesto più globale. Inoltre, alle leggi vigenti a livello nazionale e internazionale, si aggiungono poi le certificazioni volontarie, che a loro volta comportano lunghi e ripetuti processi di adeguamento e verifica.

Il valore della sicurezza

Ma la compliance in materia Health and Safety non è solo una scelta obbligata, un investimento che serve a evitare multe e cause giudiziarie. Essere in linea con le normative e fare in molti casi un passo in più, assumendo comportamenti proattivi, incide sempre di più sui bilanci reputazionali e sociali di aziende che costruiscono il loro valore economico anche attraverso questo tipo di intangibili. Un intangibile dalla posta in gioco molto concreta. L’ambito HSE diventa un fattore determinante nell’immagine e nella cultura aziendale, per il ruolo che le imprese grandi e meno grandi svolgono dentro a un sistema globale.

Anche alla luce degli eventi dell’ultimo triennio, la tavola rotonda vuole mettere a confronto il mondo della domanda e dell’offerta delle soluzioni che aiutano a gestire l’operatività aziendale in chiave di protezione della salute delle persone coinvolte, curando per esempio aspetti come il distanziamento, o la loro prossimità a punti di maggior rischio; utilizzando tecniche di monitoraggio remoto per misurare in qualsiasi momento la corretta postura e i parametri vitali di chi esegue lavori ad alto rischio; o fornendo agli operatori – tramite l’applicazione di concetti come la realtà virtuale o aumentata – costanti flussi informativi che aiutano a intervenire in modo più puntuale, evitando manovre sbagliate. Nel corso della discussione gli interlocutori si sono confrontati sui progetti e sui cambi organizzativi in ambito HSE, analizzando le situazioni di rischio che imprese di settori diversificati devono normalmente affrontare sui luoghi di produzione o intervento e le soluzioni tecnologiche adottate di conseguenza.

Ma al di là delle tecnologie, tutti si sono focalizzati sulle problematiche al contorno. Per esempio le difficoltà di integrazione, implementazione e adozione di queste soluzioni. Gli accorgimenti adottati per gestire la trasformazione che inevitabilmente strumenti e interfacce spesso innovative possono indurre nella quotidianità. La difficoltà di stare al passo di regole che richiedono puntuali risposte sul piano del rispetto delle prescrizioni e della complessa documentazione da produrre. I conflitti che spesso si nascondono tra le righe di queste normative, a partire da un corretto equilibrio tra la necessità del controllo e le limitazioni poste alle forme più invasive del monitoraggio.

Qualità di vita

In un consesso dove l’industria manifatturiera è rappresentata da imprese impegnate in lavorazioni pesanti e meccaniche, Alberto Longhi, HSE di Gruppo Montenegro, rappresenta un brand, anzi, un’etichetta storica del food&beverage italiano. L’amaro Montenegro racchiude quasi 140 anni di storia e tradizione, a partire da un nome concepito per celebrare le nozze reali tra Vittorio Emanuele III ed Elena del Montenegro. Nell’assetto proprietario dell’azienda c’è in realtà un legame profondo con l’industria metalmeccanica perché Montenegro appartiene – insieme ad altre aziende produttrici di liquori, tisane e alimentari (tra questi Buton, Bonomelli, Cannamela, Polenta Valsugana) – a una dei quattro eredi dell’industriale bolognese Enzo Seragnoli, che con il cugino Ariosto aveva convertito una fabbrica di motocicli in quello che sarebbe diventato un leader della macchine per confezionamento.

Oggi, spiega Longhi, anche grazie alla forte motivazione alla trasformazione impressa dall’AD Marco Ferrari, Montenegro punta sul consolidamento e la sostituzione di molti impianti dei diversi stabilimenti italiani, nonché sulla creazione di nuove strutture per le sue cantine di invecchiamento. «Alcuni fabbricati storici recuperabili vengono ristrutturati, altri verranno abbattuti e ricostruiti. L’obiettivo, in questi spazi, è rispettare i regolamenti non solo per garantire la sicurezza e una migliore qualità di vita ai lavoratori. Nella nostra visione, in futuro i locali saranno una destinazione turistica esperienziale e accoglieranno visitatori dall’esterno, per tour guidati e degustazioni». Una svolta importante, prosegue Longhi, la cui responsabilità per la “protezione e sicurezza” è estesa ad altre società del gruppo, si è verificata diversi anni fa, con la decisione di acquisire la certificazione ISO 45001. «Questo ha dato vita a un circolo virtuoso di miglioramento continuo – spiega Longhi. Ogni anno cerchiamo di fare qualcosa in più, con le tecnologie e, da un punto di vista più strutturale, con la riorganizzazione del lavoro e con tanta formazione del personale».

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Gestire insieme il cambiamento

I processi industriali in casa Montenegro, sottolinea il responsabile HSE, possono sembrare poco onerosi da un punto di vista meccanico, ma comportano molte situazioni di rischio. «Quando si utilizza l’alcool come materia prima si rientra nello stesso ambito di una azienda chimica. Mi trovo per esempio a gestire rischi legati agli incendi, alle emissioni di gas e di polveri». In Italia per definire livelli di pericolosità particolarmente rilevanti si utilizza un termine che suona particolarmente doloroso ai più anziani: “rischio Seveso”.  A questo tipo di pericoli si aggiungono quelli comunque legati alla manutenzione meccanica, al suolo e in quota, o alla compresenza di persone e mezzi nelle aree di produzione e stoccaggio. In certi ambienti bisogna definire percorsi obbligati e adottare su ogni mezzo in movimento, inclusi i carrelli automatizzati nei magazzini, opportune misure di segnalazione e allarme, visivo e sonoro.

L’automazione stessa, insieme a tanti vantaggi, ha ripercussioni che la funzione HSE deve tenere in conto. Automatizzando i suoi impianti, Montenegro ha snellito le operazioni necessarie per la preparazione delle ricette e ridotto il numero di addetti. Determinando però condizioni di lavoro in isolamento, e la necessità di monitorare lo stato di salute di operatori che non possono chiedere aiuto in caso di malore. Secondo Longhi, la parziale digitalizzazione dei processi che sono alla base di una politica di sicurezza efficace è solo uno degli ingredienti della ricetta della trasformazione.

I cambiamenti dovuti al contributo delle tecnologie sono di natura essenzialmente culturale ed è su questo piano che occorre intervenire, proprio per favorire una migliore presa di coscienza di soluzioni che devono essere “comprese” per funzionare appieno. La strategia che Montenegro ha adottato è quella di creare gruppi eterogenei intorno a ogni impianto nuovo. Veri e propri team interdisciplinari che mettono insieme le funzioni HSE, le risorse umane, l’ufficio acquisti, la manutenzione per analizzare i vantaggi e le eventuali minacce, facendo leva sulle rispettive esperienze per affrontarle. «Abbiamo visto che intervenire in seguito non serve – conclude Longhi – è meglio partire col piede giusto anche per convincere le persone stimolando il loro interesse, responsabilizzandole».

Dall’emergenza alla prevenzione

Con Laura Zanellotti la discussione entra subito nel vivo della cultura del dato che si sviluppa intorno ai sistemi industriali 4.0 e della smart factory. Laura Zanellotti, corporate HSE manager di Prometeon Tyre Group, ha la responsabilità della sicurezza di un’azienda che è nata dal conferimento della produzione di pneumatici per camion, trattori e autobus a un nuovo spinoff. La struttura da lei coordinata è composta da una serie di squadre che presidiano gli stabilimenti dell’azienda in tutto il mondo e un ambiente di lavoro in esterno rappresentato dal sito che Prometeon allestisce per le prove su strada dei suoi prodotti.

«I nostri investimenti nel campo muovono dal costante rinnovamento dei macchinari alle attività svolte nei luoghi di produzione, con sempre maggior interesse per la raccolta dei cosiddetti leading indicators» afferma Zanellotti riferendosi a dati e situazioni che nell’ottica del responsabile della sicurezza possono portare a un concreto mutamento prospettico nella gestione del rischio sul posto di lavoro rafforzando in prima battuta la prevenzione. Anche in Prometeon si registra dunque l’adozione di sistemi in grado di segnalare e isolare le situazioni pericolose legate – sottolinea la responsabile HSE – ai rischi di natura meccanica e di movimentazione delle merci, in spazi di lavoro non sempre ampi.

Uno dei punti di interesse più recenti, afferma Zanellotti concludendo il suo primo intervento, riguarda tuttavia l’ergonomia, una migliore gestione delle posture e dei movimenti dei collaboratori tesa a diminuire lo stress lavorativo e, su un orizzonte più ampio, a prevenire le malattie professionali. Insomma, la salute vista in una prospettiva temporale non limitata alle 8 ore quotidiane. «Stiamo approcciano il sistema attraverso un software sviluppato in India e sperimentato qui in Italia dall’Università di Modena che, analizzando le riprese video, può fornire una valutazione del rischio muscolo-scheletrico collegato a certe azioni».

Comunicare meglio, per ridurre lo stress

Disporre di sistemi di comunicazione e collaborazione remota efficaci, ricorda al proposito Pasqualino Capitani, carrier channel sales manager di Alcatel-Lucent Enterprise, aiuta certamente a fare monitoraggio in chiave preventiva. «Poter monitorare un ambiente di lavoro in modo opportuno ci dà anche la possibilità di essere efficaci nella risposta alle emergenze». In linea con le situazioni fin qui descritte, aggiunge, Capitani entra nel merito di soluzioni che proprio attraverso la remotizzazione e la visione computerizzata consentono, per esempio in ambito ospedaliero, di rendere gli interventi degli assistenti sanitari più tempestivi anche quando il numero di operatori è ridotto rispetto al numero di pazienti. La tecnologia consente per esempio di localizzare un paziente a distanza tramite avanzati bracciali radio, o di rispondere subito all’urgenza che può verificarsi all’interno di una camera d’ospedale. Anche quando il personale deve tenere sotto controllo decine di stanze videosorvegliate. «Alcatel-Lucent Enterprise fornisce i mezzi per agire in questi contesti complessi tramite dispositivi e piattaforme che permettono di comunicare e gestire un’azione coordinata», precisa Capitani, aggiungendo anche l’elemento oggi imprescindibile della flessibilità architetturale del cloud, della necessità di ricorrere ad applicazioni e potenza di calcolo che possono risiedere nel cloud pubblico, in un data center di proprietà, nei server dislocati alla periferia degli impianti industriali.

La complessità dell’ambiente di lavoro è un altro fattore fondamentale da considerare nelle strategie che riguardano il gruppo Pirelli. Lo racconta in modo molto efficace Alberto Schiavon, group safety, ergonomics and management systems, ricordando che per il tipo di produzione, Pirelli può essere considerata un’azienda chimica con forti componenti meccaniche. «Pirelli utilizza sistemi industriali che vengono progettati internamente e questo comporta tra l’altro problematiche di sicurezza fisica by design. Per quanto riguarda la sua funzione, precisa Schiavon, l’azione si svolge su due fronti. Una parte tecnica sulle macchine, l’automazione e l’interazione della macchina con l’uomo. E una parte organizzativa che comprende piani come “Excelling in safety”, un programma di leadership comportamentale finalizzata a un obiettivo di riduzione del 90% degli incidenti in un arco di 10 anni».

Convivere con le macchine

Come Prometeon, anche Pirelli si muove molto nell’ambito degli analytics, utilizzando la conoscenza del dato come fondamento della strategia in ambito sicurezza. «Su tutto quello che concerne l’interazione uomo-macchina, nei sistemi di controllo cerchiamo per esempio di introdurre una crescente automazione delle procedure, digitalizzando le verifiche di controllo là dove le checklist procedurali sono ancora su carta». L’intelligenza di un macchinario industriale, spiega Schiavon, oggi permette di impostare un processo facendo in modo che un impianto non può essere avviato prima di portare a termine una serie di verifiche preventive.

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Il mondo dell’automazione, prosegue il responsabile HSE di Pirelli, permette anche di affrontare il problema dell’ergonomia di lavorazioni che richiedono ancora un certo grado di manualità. «Ma questo a sua volta può dar luogo a ulteriori problemi di sicurezza in ambienti dove bisogna gestire la contemporanea presenza di robot, cobot e persone». Gli stabilimenti del gruppo, aggiunge Schiavon, sono piccole città popolate da migliaia di persone dove uomini, macchine e mezzi devono essere monitorati e dotati di sistemi anti-collisione. E la trasformazione digitale riguarda anche gli aspetti “culturali” dell’educazione alla sicurezza, con una formazione che serve a potenziare la capacità di identificare i rischi e passa in misura crescente per l’adozione di strumenti che dematerializzano attività un tempo basate su documentazione cartacea e corsi tradizionali.

Siram Veolia, gruppo di riferimento in Italia per la gestione efficiente di energia, acqua e rifiuti speciali, affianca clienti pubblici e privati nel percorso di trasformazione ecologica attraverso soluzioni sostenibili e tecnologicamente innovative, è l’azienda in cui Umberto Torricelli, ricopre il ruolo di QHSE manager per la regione North West Italy.

Operatività consapevole

La funzione di Torricelli, spiega il manager, è organizzata su base geografica e nella regione Nord Ovest deve garantire la sicurezza di un insieme di circa 400 operatori, su un totale di 3500 dipendenti in Italia. «La sfida principale consiste nel mettere in sicurezza collaboratori presenti in un territorio vasto e impegnati in attività molto diverse. L’attenzione agli aspetti comportamentali è elevata e dal mio punto di vista le soluzioni digitali sono un supporto alla diffusione della cultura della sicurezza, per garantire la buona salute di tutti, dal manutentore dell’acquedotto a chi lavora in uno dei duecento ospedali italiani serviti da Siram Veolia. Devo essere certo che tutti ricevano i miei messaggi».

Torricelli cita l’esempio dell’Ospedale di Bergamo dove Siram Veolia ha da diversi anni in concessione tutte la parte non medica, compresi il riscaldamento, lo smaltimento dei rifiuti, il servizio mensa, la pulizia e la distribuzione delle divise. «Il nostro prossimo progetto di digitalizzazione, ancora in fase preliminare, riguarda ambiti – ambientale, tecnico, sicurezza – in cui le normative da conoscere e rispettare sono sterminate» sottolinea il responsabile HSE. Occorre, conclude Torricelli, tenere le fila di una interazione che utilizza ogni mezzo disponibile dalla carta all’online e uno degli aspetti prioritari è lo studio di interfacce semplici e uno stile comunicativo capace di centrare il difficile bersaglio della comprensione e dell’accettazione da parte delle persone.

Wolters Kluwer Italia commenta Alessandro Febbo, compliance software sales manager, si ritrova in tutti gli scenari applicativi descritti fino a questo momento, grazie a un’offerta di soluzioni rivolte a imprese e professionisti lungo tre assi fondamentali: l’aggiornamento normativo sugli adempimenti, la formazione del personale e il supporto gestionale software correlato a queste competenze di dominio. Proprio il tema di una corretta acquisizione di una soluzione tecnologica e informatica sollevato da Siram Veolia è interessante. «Per noi il primo obiettivo dev’essere il coniugare tecnologia avanzata e semplicità d’uso – dice Febbo. Per questo l’evoluzione tecnologica che abbiamo avuto in questo settore non potrà mai essere indipendente dalla fruibilità e richiede opportune strategie di change management».

Protezione a norma di legge

Il cambiamento, rileva ancora Febbo, oggi riguarda l’intera organizzazione aziendale. In base alla sua esperienza sul campo, aggiunge, le soluzioni hi-tech hanno subito una forte evoluzione, ma il loro successo, in termini di quanto certi strumenti vengano poi realmente utilizzati, non è mai scontato. Questo perché anche i punti di vista non sono più quelli di un tempo e come tutto ciò che riguarda l’uso di strumenti informatici, c’è stato un grande fenomeno di “democratizzazione”: siamo passati dall’offerta di tool riservati al solo responsabile del servizio di prevenzione e protezione, utilizzati per registrare eventi ed azioni, a soluzioni aziendali che vengono scalate su una vasta platea di soggetti che entrano in gioco nei vari processi HSE, ognuno con il proprio grado di interazione.

«Rendere fruibile quello che oggi è possibile grazie alla potenza di calcolo e all’analisi del dato è fondamentale per Wolters Kluwer, perché se un progetto di trasformazione digitale in ambito HSE non viene sfruttato al meglio delle sue possibilità, a rimetterci non sono solo le aziende che investono». Gli strumenti di business intelligence e machine learning, che oggi aiutano il top management di qualsiasi organizzazione a prendere in tempi molto rapidi le decisioni più opportune, senza doversi affidare solo all’istinto o a informazioni ottenute dai dati storici con grande dispendio di tempo e di energia, sono un’arma preziosa anche nelle mani dei responsabili HSE. Inoltre, ricorda Febbo, per un software di questo tipo è importante garantire anche la cybersecurity, la crittografia dei dati sensibili e la garanzia della web collaboration tra gli attori coinvolti.

Una energia con conseguenze meno impattanti sull’ambiente è anche il leit motiv di un’industria come Falck Renewables, afferma Alessia Galbiati, global head QHSE di una realtà che progetta, costruisce e gestisce impianti per la generazione di energia pulita, come la nuova generazione di campi eolici galleggianti che sfruttano l’energia del vento anche al largo della costa. I contesti geografici in cui si trovano a funzionare questi impianti possono essere molto impegnativi, racconta Galbiati.

Prevenire ogni rischio

Dopo una lunga esperienza di lavoro nel settore chimico, la responsabile della sicurezza globale di Falck Renewables, si trova ad affrontare rischi che non riguardano solo le sostanze tossiche o i lavori usuranti, ma anche i possibili attacchi subiti dagli orsi selvatici. «Per questo – rileva l’esperta di Falck Renewables, sento fortemente il problema della comunicazione nella gestione di emergenze che possono riguardare l’evacuazione di personale dislocato in parchi eolici di svariati chilometri quadrati, non coperti dalla telefonia cellulare convenzionale e dove persino gli elicotteri che dovrebbero trasportare la vittima di un incidente all’ospedale più vicino, non possono atterrare».

Anche quello della compliance è un terreno irto di ostacoli. «Ce ne siamo resi conto tutti in questi due anni di pandemia, con la necessità di stare al passo con regole che venivano frequentemente modificate, per giunta su scala locale.» La tecnologia, auspica Galbiati, dovrebbe aiutare ad affrontare scenari sempre più complessi, tenendo conto di fattori di natura squisitamente non-tecnica. Come la difficoltà di adottare in modo uniforme e compatibile con una molteplicità di leggi vigenti, sistemi di sorveglianza e geolocalizzazione. O la necessità di formare in ottica di buone pratiche di sicurezza persone che operano in contesti isolati, obbedendo a lingue e culture diverse, con vincoli contrattualistici che spesso non sono l’assunzione diretta ma vengono stabiliti dalle terze parti che vengono fatte intervenire in un cantiere.

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La presenza di Stefano Faccio in una discussione focalizzata sulla salute nell’ambiente di lavoro è una sorta di verifica sperimentale del principio di multidisciplinarietà di un tema ormai pervasivo e prominente. Stefano Faccio è titolare dell’incarico di head of machinery safety – industry 4.0 & digital manufacturing nella divisione Automotive Lighting di Marelli, la multinazionale nata dalla fusione di due entità, Magneti Marelli e Calsonic Kansei, facenti capo in passato a due grandi gruppi automobilistici, FCA (ex Fiat, attuale Stellantis) e Nissan. Nel suo ruolo riunisce dunque due aree di competenza, la fabbricazione “smart” e la sicurezza dei macchinari industriali che rendono possibile questa nuova modalità. Sicurezza tra l’altro inquadrata in un sistema di regole fissato dalla direttiva europea sulle macchine e dalle leggi che ne recepiscono il dettato.

Comportamenti virtuosi

«Due cappelli, l’operation e il manufacturing, che possono sembrare distinti ma di fatto non lo sono più – osserva Faccio. La mia è una responsabilità globale che riguarda una ottantina di unità produttive in una divisione che genera circa il 40% del fatturato consolidato. Non mi occupo direttamente della ingegnerizzazione degli impianti, ma della compliance a livello di sicurezza delle macchine che Marelli Automotive Lighting detiene e acquisisce». Questo, aggiunge Faccio, in un contesto produttivo che sta registrando una grande evoluzione di sistemi di illuminazione che non cambiano singolarmente, ma per “gruppi ottici”, cioè per combinazioni fari frontali/fanali posteriori che devono essere progettate nell’insieme. E che quasi sempre comportano l’acquisizione di linee di fabbricazione in gran parte nuove.

«Questa evoluzione continua – prosegue Faccio – avviene all’insegna di tecnologie abilitanti di tipo informatico e Industry 4.0 che a loro volta non costituiscono più due mondi separati. Il ruolo della Internet of Things viene del resto riconosciuto anche dai nuovi regolamenti europei, che contemplano una quota parte dedicata alla cyber security». Se i colleghi come Galbiati e Torricelli devono affrontare la sfida di campi di intervento estesi e distribuiti nonché rischi legati anche alla conformazione dei territori, Faccio si trova a dover applicare le regole in luoghi di produzione organizzati in maniera molto complessa proprio a causa degli spazi limitati. Dove assume una valenza particolare anche la logistica dei materiali che devono essere movimentati intorno alle presse a iniezione su cui si basa la lavorazione dei gruppi ottici Marelli. Intorno a questi macchinari si sviluppano imponenti attività relative allo spostamento di materie prime, attrezzi e prodotti finiti. «Stiamo già sperimentando una gestione la più informatizzata possibile di momenti come l’identificazione di materiali e componenti, il controllo dei mezzi di sollevamento, la viabilità interna da e verso i magazzini». Ma tutto, rileva Faccio, rimane legato alla disciplina dell’operatore umano, al rispetto di procedure di controllo per le quali l’automazione digitale non sostituisce del tutto il comportamento, spesso istintivo, abitudinario, della persona.

Le parole di Pier Giuseppe Dal Farra, smart industries business expert di Orange Business Services, aiutano a individuare gli elementi essenziali di una moderna strategia HSE. Inclusa la necessità di adottare un approccio pragmatico e interdisciplinare, che tenga conto degli aspetti di natura culturale e comportamentale emersi nel corso della discussione per orientare al meglio le scelte tecnologiche e favorire la loro usabilità.

La centralità dell’uomo

Dal Farra rappresenta il punto di vista di una multinazionale dei servizi di system integration collegato a Orange, un grande operatore di telecomunicazioni. «Un gruppo presente a livello mondiale – sottolinea Dal Farra – in grado di progettare soluzioni in base alle specifiche del cliente, per rispondere a esigenze molto concrete. L’approccio è strettamente legato ai dati e all’evoluzione del modo in cui essi vengono trattati, trasportati e conservati, sui sistemi legacy e nel cloud. La mia divisione si occupa delle tecnologie della smart industry e dell’IoT, sensori, meters e tutto quello che ci consente di estrarre informazioni utili, anche nel campo della sicurezza sul posto di lavoro».

La sicurezza fisica, riconosce Dal Farra, rappresenta un settore tendenzialmente conservativo, ma per ottime ragioni. «È giusto ragionare a fondo su ogni cambiamento, considerando l’impatto che questi possono avere sulla sicurezza». L’esperto di smart industries ripercorre i punti essenziali della discussione, rivedendoli alla luce delle tecnologie che oggi dominano nei progetti che Orange Business Services realizza per i suoi clienti. «Quando si parla di operatori distaccati in zone non facilmente raggiungibili, costretti a intervenire in ambienti rischiosi, o della necessità di trasmettere sui campi di intervento informazioni custodite centralmente, per esempio per guidare a distanza l’azione di un manutentore, la realtà aumentata resa possibile da occhiali connessi e da altri dispositivi wearable può fare la differenza» sottolinea Dal Farra.

Intorno al tavolo si è discusso dell’importanza di un costante, accurato monitoraggio del comportamento del personale, vuoi per verificare il corretto impiego di dispositivi e indumenti di protezione, vuoi per segnalare situazioni di rischio. Anche qui la tecnologia è la base di avanzate applicazioni di tracking, in grado di verificare che l’addetto a un impianto chimico non entri in contatto con impianti e sostanze pericolose; o per scatenare una pronta reazione in caso di incidente. «La Computer Vision ci viene in aiuto con software capaci di effettuare controlli di questo tipo, su grandi numeri di persone e in forma completamente anonimizzata, nel pieno rispetto alle normative» ha spiegato Dal Farra.

Il tracciamento interviene, insieme all’analisi automatica delle immagini, nelle fasi più delicate dell’interazione uomo-macchina, per prevenire incidenti e potenziali collisioni con materiali e veicoli durante i loro spostamenti, ma anche per identificare la postura non corretta del lavoratore. L’essenziale – conclude Dal Farra – è fare in modo che la tecnologia possa portare valore, che sia pensata per casi d’uso molto concreti. «Le applicazioni di cui abbiamo parlato oggi non devono rimanere solo un bel proof of concept: devono essere fruibili e rendere sicuri per le persone e meno impattanti per l’ambiente anche i più difficili contesti lavorativi». Nel futuro dei cobot e delle fabbriche intelligenti, l’uomo e l’ambiente dovranno rimanere prioritari.

Foto di Gabriele Sandrini


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